Sta iniziando la stagione fredda, che è poi il periodo nel quale ritorna a Motta di Livenza un piatto storico che mi piace qui ricordare perché, fatto in questo modo, è presente solo a Motta di Livenza.
Ma prima di raccontare la ricetta occorre fare un passo indietro. Nel 1549 viene pubblicato postumo un importante trattato di cucina scritto anni prima dal celebre scalco di Casa d’Este a Ferrara nel quale c’è una ricetta intitolata A fare una suppa di pizzoni o pollastri. Dunque, come afferma il titolo della ricetta, questo piatto può essere preparato con due tipi di carni, quella di piccione (adatta a quando i duchi sono nel loro castello di Ferrara, quindi in città) o quella di polli (adatta quando i duchi erano in villeggiatura in qualche loro residenza di campagna).
Ed ecco la ricetta: Piglia fette di pane brustellate, poi piglia pollastrelli in quarti cotti arrosto e habbi una tiella [teglia] di pietra e mettili un solaro di fette di pane nel forno, con formaggio e zuccaro e cannella, e poi fa un altro suolo con detti quarti di pollastri sopra, con zuccaio e formaggio grattato e cannella, e poi piglia buon brodo grasso e ponilo sopra tanto che stia sotto e poi dalli un’altra mano di sopra di zuccaio e cannella e formaggio grattato dalli una caldetta nel testo e serà fatta.
Poiché i trattati di cucina e i vari ricettari scritti dal 1300 al 1700 vennero quasi tutti stampati a Venezia, i veneziani conoscevano tutte le ricette realizzate dai grandi cuochi nelle corti italiane: alla corte papale a Roma, in quelle ducali di Ferrara, Mantova, Firenze e così via. Proprio per questo la ricetta di Cristoforo da Messisbugo fu presto conosciuta a Venezia e già nel corso del ‘500 era arrivata lungo il Sile a Treviso – la versione cittadina coi piccioni - e lungo la Livenza a Motta – la versione campagnola con i polli.
A Motta c’erano allora accanto al porto sulla Livenza – dove c’è l’attuale porticciolo turistico – alcune antiche locande che s’impossessarono subito della ricetta e cominciarono a prepararla per i tanti lavoratori del porto – soprattutto buranei – che arrivavano a Motta con i barconi trainati da cavalli lungo l’alzaia del fiume.
Da allora la Sòpa coàda è rimasta a Motta di Livenza nella ricetta con carni di animali da cortile – in particolare galline, polli, capponi –e si continua a gustarla nelle trattorie locali e soprattutto nel ristorante Disarò, la cui esistenza, pur con altro nome, è documentata fin dall’inizio del ‘600.
Ed ecco la ricetta:
Sopa coada alla mottense
Ingredienti e dosi per 6 persone: 1 pollo ruspante da 1,5 kg al netto, 500 g di carne di manzo da brodo, 1 osso spugnoso, 2 cipolle, 2 carote, qualche gambo di sedano, 1 bicchiere di vino bianco secco, fette di pane raffermo o del giorno prima, formaggio grana, burro, sale, pepe.
Fa soffriggere nell’olio un trito di carota sedano e cipolla e come imbiondisce metti a rosolare a pezzi le parti nobili del pollo, precedentemente preparate. Come la carne prende colore versa il vino bianco e appena evapora insaporiscila di sale e pepe e portala a cottura, tenendola inumidita con del brodo. Lascia quindi raffreddare. Prepara un buon brodo, mettendo in una pentola a freddo, con l’acqua, sedano, carota e cipolla, le parti non usate del pollo, la carne di manzo e l’osso spugnoso, insaporendo di sale. Quanto il brodo è pronto, lascia che raffreddi e poi sgrassalo bene. Prendi il pollo, leva la carne dalle ossa, riducendola a listarelle e rimetti le ossa nella casseruola dove hai in precedenza cotto il pollo. Versa il brodo sgrassato in questa casseruola e porta a bollore. Prepara intanto delle fette di pane che ti conviene saltare al burro e disponile sul fondo di una teglia (meglio se di coccio, pulitissima e inodore o in una pirofila) alta 10 cm circa, a formare uno strato compatto e sopra forma un altro strato con listarelle di carne di pollo che coprirai con abbondante formaggio grana grattugiato, poi ancora uno strato di pane, uno di carne e uno di grana e così di seguito, badando che gli strati di pane risultino alla fine dispari, tre o cinque. Filtra il brodo e versalo ancora bollente sugli strati in modo tale che siano tutti ben imbevuti, stando tuttavia attento che il brodo stesso non li copra. Poni quindi in forno a covare, a fuoco basso, per non meno di due ore, ma anche tre o quattro, badando che le fette di sopra non indorino (in passato veniva messa a covare sopra la cucina economica in modo che la temperatura della “sopa” fosse sugli 70-80°C al massimo). Se necessario, aggiungi ogni tanto del brodo. Dieci minuti prima di servire cospargi la superficie con altro formaggio e dei fiocchetti di burro. Rimetti in forno per qualche minuto, alza il calore e poi servi la sopa coàda come fosse un pasticcio, né troppo asciutta né troppo brodosa, semmai con una tazza di brodo bollente a parte.
NB: la sopa coada può essere considerata piatto unico ed è pienamente soddisfacente.