I Piatti
al tempo della Grande Guerra
L’Accademia Italiana della Cucina di Cortina d’Ampezzo
ricorda in un simposio l’inizio della prima guerra mondiale avvenuto il 28
luglio 1914
note a cura di Giampiero Rorato
La delegazione ampezzana
dell’Accademia Italiana della Cucina, in occasione dei cento anni dalla
dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia, avvenuta il 28 luglio 1914,
esattamente un mese dopo l’uccisione del granduca d’Austria Francesco
Ferdinando, avvenuta a Sarajevo il 28
giugno, ha voluto dedicare il suo tradizionale simposio d’agosto alla cucina del
tempo di guerra.
Il giorno dopo la dichiarazione
di guerra, l’Austria richiamò alle armi 669 ampezzani – Cortina d’Ampezzo
apparteneva allora all’impero asburgico - che il 1 agosto partirono per un
periodo di addestramento in Val Pusteria e il 18 agosto furono inviati nei
campi di battaglia della Galizia (la provincia più a Nordest dell’impero
asburgico) e della Serbia.
Pochissimi di loro ebbero la fortuna di tornare a casa nel novembre del1918 a
guerra finita e i pochi reduci non si trovarono più in territorio austriaco ma
italiano. Scrisse dal fronte il richiamato Luigi Pompanin Dimai: “Partimmo dalla piazza di Cortina alle 6 e
mezza [del 1 agosto 1914] fra mezzo di pianti di donne, uomini e fanciulli,
canto di musica e fiori… Partimmo col cuore lacerato da mille spine
acutissime…”.
Pochissimi di loro ebbero la fortuna di tornare a casa nel novembre del
Per ricordare l’evento, Luigi
Grasselli, delegato dell’Accademia di Cortina, che ha sempre sapientemente legato l’attività della sua
delegazione alla storia, alle vicende, alla cultura e alla cucina della sua
splendida valle, ha riunito attorno alle tavole del Ristorante Ospitale - la
cui attività ebbe inizio nel corso del XIII secolo quale ospizio per i
pellegrini diretti a Roma alla Tomba degli Apostoli - gli accademici ampezzani,
il consultore nazionale Giuseppe Di Lenardo, il delegato di Trieste Giuliano
Relja, accademici di Mestre, Venezia, Padova, Modena e Reggio Emilia.
Intanto aveva affidato alle simposiarche Katia Tafner Ghedina e Silvana Savaris Grasselli il compito di individuare dei piatti adatti all’evento ricordato e la scelta delle simposiarche è stata intelligente, avendo scelto i piatti da proporre ai commensali dalle opere di tre grandi scrittori, testimoni della prima guerra mondiale: Carlo Emilio Gadda (1893-1973), il quale nell’opera “Il gatto selvatico”, svela la ricetta del “risotto patria” servito ai commensali. Fra le altre sue opere ricordo “La cognizione del dolore”, “Giornale di guerra e di prigionia”, “Taccuino di Caporetto” e “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”; Robert Musil (1880-1942), autore di diverse opere, fra cui “L’uomo senza qualità” e “I turbamento del giovane Törless” e Thomas Mann (1875-1955), premio Nobel per la letteratura nel 1929 e autore de “I Buddenbrook”, “La
Morte a Venezia” e “La Montagna incantata”.
Intanto aveva affidato alle simposiarche Katia Tafner Ghedina e Silvana Savaris Grasselli il compito di individuare dei piatti adatti all’evento ricordato e la scelta delle simposiarche è stata intelligente, avendo scelto i piatti da proporre ai commensali dalle opere di tre grandi scrittori, testimoni della prima guerra mondiale: Carlo Emilio Gadda (1893-1973), il quale nell’opera “Il gatto selvatico”, svela la ricetta del “risotto patria” servito ai commensali. Fra le altre sue opere ricordo “La cognizione del dolore”, “Giornale di guerra e di prigionia”, “Taccuino di Caporetto” e “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”; Robert Musil (1880-1942), autore di diverse opere, fra cui “L’uomo senza qualità” e “I turbamento del giovane Törless” e Thomas Mann (1875-1955), premio Nobel per la letteratura nel 1929 e autore de “I Buddenbrook”, “
Illustro agli Accademici la cucina al tempo della Grande Guerra |
A presentare il quadro storico di
riferimento e commentare i piatti e i vini è stato chiamato lo scrivente che ha
avuto l’onore di intervenire ad un incontro non solo gastronomico ma anche
ricco di spunti storici e culturali.
Ed ecco il menù della splendida
serata, interamente tratto dalle opere dei tre grandi scrittori.
In piedi: Rebecchini di polenta, Fritto della disperazione,
Polpette di carne in scatola, Frittata alla Montagna Incantata.
"Lesegnetes" con coste d'argento e ricotta dolomitica |
A tavola: Risotto patrio, Lesagnetes con coste d’argento e ricotta,
Arrosto di vitello alla Montagna Incantata con patate saltate, Una montagna di
piccoli krapfen con marmellata di casa (tanto amati da Robert Musil).
I vini: Prosecco all’antica fermentato in bottiglia (col fondo),
Refosco dei Colli Orientali del Friuli e
Vin Santo Trevigiano a base di uve Manzoni bianche (6.0.13) e Glera.
Mentre la ricetta del “Risotto patrio”, la cui descrizione
dettagliatissima e precisa in ogni particolare è facilmente reperibile nel citato volume dell’autore, desidero
qui dare alcune brevi indicazioni sugli assaggi serviti come aperitivo.
Rebecchini di polenta: si fanno con la polenta avanzata dal giorno
prima, che si taglia in fettine di forma rettangolare, di uguale misura che si
accoppiano a due a due farcendole in mezzo con un po’ di formaggio morbido,
quindi si friggono in olio bollente (in quegli anni di guerra si usava lo
strutto) e si mangiano caldi. In base alle dimensioni possono anche
rappresentare un appagante secondo piatto, preceduto, a quel tempo, da una zuppa vegetale.
Arrosto di vitello alla Montagna Incantata (da Thomas Mann) |
Fritto della disperazione: si versa in una terrina della farina di grano con una puntina di lievito, del latte, acqua tiepida e un po’ di sale. Si mescola facendo amalgamare il tutto. (Nelle case benestanti si aggiungeva, se c’erano, una grattugiatina di pepe, una di noce moscata e un pizzichino di cannella). Si lascia riposare in modo che inizi la lievitazione, quindi si versa nel grasso bollente a cucchiaiate. Queste frittelle potevano essere anche conservato per il pasto successivo.
Polpette di carne in scatola: Si leva la carne dalle scatolette e la
si passa al tritacarne o la si sminuzza col coltello e la si mescola poi con
patate lesse, delle uova (se c’erano), farina, un po’ di formaggio e, sempre se
c’erano, un odore di noce moscata o di pepe o anche della rapatura di limone.
Si impasta il tutto ottenendo un composto omogeneo da cui si ricavano delle
polpettine rotonde un po’ schiacciate. Passate alla farina vengono fritte in
grasso bollente (attualmente con del buon olio d’oliva).
Frittata alla Montagna Incantata. Si tratta di una frittata sottile aggiungendo alle uova prodotte dalle galline di casa un secondo ingrediente, cipolla o formaggio o pezzi di carne avanzata dal pranzo della feste o erbette di campo. Questo è un piatto della fantasia che non mancava mai alle sagge donne di casa.
Le indicazioni che ho dato,
ricavate dalle signore Katia Tafner Ghedina e Silvana Savaris Grasselli dai
volumi dei tre autori citati, potevano chiaramente subire delle varianti,
poiché non sempre c’era la disponibilità degli ingredienti citati.
Concludo esprimendo il mio più
vivo apprezzamento alla sapiente scelta della delegazione di Cortina d’Ampezzo
dell’Accademia Italian della Cucina che in un riuscito simposio, molto gradito
dai numerosi partecipanti, ha saputo raccontare cultura e ricordare gli eventi
dell’estate del 1914, con l’auspicio che la pace che l’Italia ha saputo
conquistare quasi settant’anni fa, consenta sì di continuare a ricordare il
passato, ma per tenere il più possibili lontane le guerre che hanno portato tanti
lutti e tante distruzioni anche nei nostri paesi.