di Giampiero
Rorato
Domenica 31 agosto scorso la stupenda Locanda al
Gambero Rosso ha chiuso definitivamente le sue porte a San Pietro in Bagno
(FC), impoverendo la gastronomia italiana che ha perso uno dei suoi luoghi più
fantastici, apprezzato da esperti e buongustai intrnazionali. Rinascerà
tuttavia a fine anno a Forlì, all’interno del nuovo Eataly, dove opereranno
Michela, la figlia di Giuliana e Moreno, col marito Paolo, continuando a
presentare – lo spero vivamente – i piatti della grande Giuliana Saragoni.
L'ingresso della Locanda |
Bisognava proprio andarci, come
ho fatto più volte con mia moglie, per scoprire e godere il calore d’una casa,
dove s’incontravano belle persone, dal volto pulito e solare, che vivevano col
cuore l’incontro quotidiano coi loro clienti. E chiamare clienti quanti sedevano
ai tavoli della Locanda al Gambero Rosso a San Pietro in Bagno, al
limite sud della provincia di Forlì-Cesena, sulla strada E45 per Verghereto e
Pieve Santo Stefano, non è proprio esatto, perché chi entrava in quella casa,
in fondo alla piazza del paese, era un ospite cui riversare la massima
attenzione, quasi da coccolare in un cordiale rapporto di calda familiarità.
Giuliana e Moreno con Michela e Paolo |
La grande e bravissima Giuliana Saragoni in cucina – già
dirigente, fino al 1995, dell’ufficio cultura del Comune di Forlì - con Moreno Balzoni, suo marito, grande
esperto e raccoglitore di erbe e altri prodotti spontanei, e la loro figlia Michela, brava sommelier, ma
soprattutto una vera signora della sala, erano i fedeli eredi d’una tradizione
iniziata oltre sessant’anni prima da Diva
e Cecco Saragoni e hanno rappresentato per anni – e fino all’ultima
domenica dello scorso agosto - uno dei
più preziosi e ammirati punti di riferimento per quanti amano la vera cucina
del territorio, preparata con collaudata e seria professionalità e con tanto
amore, nel pieno rispetto della tradizione, con eccezionale buon gusto e una raffinatezza
che ha conquistato anche i più severi gourmet.
Giuliana Saragoni |
San Piero in Bagno ha una cucina romagnola, con accento toscano,
come è stato detto, quindi da Giuliana non mancava la pasta – lasagne,
tagliatelle, tortellini, passatelli, ravioli – come c’erano le castagne, i
funghi e i tartufi raccolti nei boschi d’attorno e poi insaccati, prosciutti,
cacciagione e piatti tipici come tortelli alla lastra, basotti, scottiglia,
zuppe d’erbe spontanee a primavera, di castagne e fagioli in autunno-inverno,
migliaccio di grano, castagnaccio, tortelli dolci di castagne, castagnole alla
ricotta, focacce, schiacciatine dolci.
La tradizione, per continuare, va
alimentata, d’accordo, ed è proprio questo che hanno fatto con sapienza e grande
amore Giuliana e Moreno, ricercando i prodotti che la natura offre con
generosità e attingendo alla sapienza delle generazioni che in quei luoghi ha
saputo valorizzare al meglio quanto era disponibile nelle varie stagioni. Ora
Giuliana e Moreno a chi, nell’alta Valle del Savio, volesse proseguire ad
offrire una cucina ricca dei sapori del territorio, lasciano un patrimonio inestimabile
di valori culturali ancor prima che gastronomici.
Un particolare dell'interno della Locanda |
Credo tuttavia che la grande fama,
la considerazione e il rispetto che la Locanda al Gambero Rosso di
San Pietro in Bagno ha saputo conquistarsi nel corso del tempo sia
dovuta a più fattori. Già abbiamo detto del dolce calore umano che vi si godeva
entrando, un calore autentico, sincero, mai forzato, regalato da Giuliana,
Moreno, Michela e dal marito di Michela, Paolo Berardi, tutti felici della dolcissima
Mariachiara, figlia di Paolo e Michela, orgoglio di nonna Giuliana. In quelle
stanze si respirava la medesima ospitalità che si trovava nelle belle case
d’una volta, un ambiente curato nel corso dei decenni in ogni particolare da
nonna Diva e rimasto come lei l’ha voluto, bellissimo, capace di regalare agli
ospiti una serenità e una gioia dello spirito che è caratteristica preziosa, piuttosto
rara nella ristorazione d’oggi. Infine, c’erano i sapienti capolavori gastronomici
di Giuliana, cuoca sapiente, raffinatissima, seria, preparata, lontanissima da
ogni barocchismo e da inutili fronzoli, sempre fuorvianti, ben radicata nel
territorio e nelle sue migliori tradizioni. Se i piatti di Giuliana fossero stati
offerti da un qualche ristorante pluristellato di città, i critici gastronomici
avrebbero gridato al miracolo d’una cucina tutta sostanza e verità, una cucina
che sapeva esprimere al meglio la grande civiltà della tavola italiana.
Ristoranti così ce ne sono ancora
in Italia, ristoranti di famiglia e di casa, ristoranti con un’anima. Per
questo mi è sempre piaciuta la Locanda al Gambero Rosso, mi piace questa
bella famiglia dal sorriso pulito e luminoso che per oltre sessant’anni ha continuato
una stupenda tradizione di ospitalità, regalando il piacere d’una tavola
straordinaria, come è stato dato a me che, anche se vivo lontani dall’alta
Valle del Savio, ho frequentato con mia moglie con vera gioia questo ristorante
ai piedi del Monte Fumaiolo e del Casentino, in un luogo un po’ fuorimano e, forse
proprio per questo, scrigno prezioso d’umanità, è riuscito fin qui a salvarsi
dall’invadente e livellante globalismo.
Sento ancora il sapore buono dei
piatti che ho potuto gustare nelle mie visite e desidero rendere omaggio a
Giuliana e alla sua famiglia riportandone le ricette di alcuni.
I
BASOTTI (I Bazott)
come
si fanno oggi in Alto Savio (zona della Romagna detta anche Romagna-Toscana)
Ingredienti per 4 persone:
Per il brodo: 200 g di magro di manzo con osso, 200 g di gallina
nostrana, carota, sedano e una foglia di basilico.
Per la sfoglia: 4 uova intere, 400 g di farina, 60 g di strutto (in
alternativa burro), 50 g di parmigiano reggiano oppure un buon pecorino, 50 g di pangrattato.
Prepara una sfoglia normale proporzionata con un
uovo intero e 100 g di farina a persona e tagliala in tagliolini sottili.
Prepara nel frattempo un brodo di gallina e manzo
(la ricetta di un tempo prevedeva per questo piatto un brodo con zampetto, coda
e altre parti umili di maiale).
Ungi con strutto (o burro) una teglia o pirofila
adeguata spolverandola bene con pangrattato.
Stendi un primo strato di tagliolini, condisci con
un po’ di strutto e spolvera con formaggio grattugiato, proseguendo poi in
questo modo con un altro strato.
Versa col ramaiolo il brodo nella teglia fino a
ricoprire il tutto, condisci con ancora una spolverata di formaggio e inforna.
(In passato l’effetto forno si otteneva ponendo la teglia sulla brace e
ricoprendo con la stessa anche il coperchio).
Durante la cottura la pasta “beve” il brodo e si
inzuppa.
Tienila in forno fino a quando si sarà formata una
crosticina dorata e il brodo risulterà completamente evaporato.
Nella parte sottostante a contatto col fondo della
teglia non deve restare brodo ma, grazie anche al pangrattato, anche la parte inferiore
dei basotti deve esssere asciutta.
Servi caldo nei piatti, a quadrotti.
MINESTRA DI CASTAGNE E FAGIOLI (come si usava fare in Alto Savio)
Ingredienti per 4 persone: 125 g di castagne secche, 125 g di fagioli borlotti secchi o cannellini,
200 g patate pelate, 25-30 g pancetta, mezza cipolla dorata, 1 rametto di
rosmarino, 8 foglie di alloro, 4 foglie di salvia, 4 cucchiai di olio
extravergine di oliva, sale grosso.
La sera prima metti a mollo in
acqua sia le castagne che i fagioli in recipienti diversi.
In una casseruola versa e fa
scaldare l’olio; trita finemente la cipolla e la pancetta e aggiungila nella
casseruola insieme alle erbe aromatiche riunite in un mazzetto.
Lascia appassire un poco la
cipolla quindi versa castagne e fagioli insieme con le patate allungando con un
po’ di acqua e alzando la fiamma.
Continua la bollitura a fiamma
media e smuovi di tanto in tanto fino a quando le castagne, i fagioli e le
patate saranno completamente cotti e sfaldabili (L’intero procedimento di cottura
richiede circa due ore di tempo).
Togli il mazzetto degli odori.
Volendo puoi immergere nella casseruola un mixer per ricavarne un amalgama
dall’aspetto vellutato e cremoso, ma sarebbe bene farlo cercando di preservare
anche l’interezza di una parte di castagne e fagioli (per “vedere” con quali
ingredienti è stata fatta la minestra.
Questa minestra potrebbe anche
essere preparata senza patate (che nella versione suddetta contribuiscono ad
addensare il composto) nel qual caso
occorre aumentare la quantità sia delle castagne che dei fagioli.
MIGLIACCIO DI GRANO
Ingredienti per 4 persone:
150 g di farina di grano; 80-100 g di formaggio pecorino grattugiato; 0,150 lt di latte, 4-5 uova, un cucchiaio da
tavola di olio extravergine di oliva, un litro di acqua; un pizzico di
bicarbonato e di noce moscata; sale e pepe.
Poni in una teglia
la farina, il formaggio, le uova e versa il latte con anche un po’
d’acqua. Mescola bene e aggiungi olio, bicarbonato, noce moscata, sale e pepe e
il resto dell’acqua. Le dimensioni della teglia devono essere tali da ottenere
nella stessa uno spessore liquido di
circa 2 cm.
Inforna dopo aver portato la
temperatura del forno a circa 150° C e lascia cuocere per circa 30-35 minuti
fino all’addensamento del composto e alla formazione di una leggera crosta
appena bruciata, controllando la consistenza con la lama di un coltello che a
giusta cottura deve restare pulito.
Taglia a quadrotti, disponi nel piatto di portata grattugiandovi sopra un
poco di formaggio pecorino. Mandalo in tavola ben caldo.
SPEZZATINO DI MAIALE CON LE MELE
(vecchia ricetta casentinese
riproposta da Giuliana)
Ingredienti per 4 persone:300
g di muscolo di maiale; 4/6 meline (vecchie varietà di mele che ora si danno ai
maiali); 50 g di farina, 30 g di cipolla, un bicchiere di vino bianco secco,
brodo di carne (possibilmente di maiale), olio, sale e pepe.
In una casseruola fa scaldare un
po’ di olio.
Taglia la carne a spezzatino,
infarinala e calala nella casseruola a olio caldo.
Fa rosolare quindi aggiungi la
cipolla tritata.
Aggiungi il vino bianco e lascia
sfumare.
Fa brasare per qualche minuto poi
aggiungi le mele tagliate a spicchi o pezzetti e senza semi, senza sbucciarle.
Lascia cuocere per circa un’ora
aggiungendo di tanto in tanto un po’ di brodo.
A fine cottura cospargi del
prezzemolo tritato oppure, a chi piace, finocchio selvatico.