Il
cibo è cultura
di Giampiero
Rorato
Di sta discutendo molto su come potrebbe
essere la ristorazione dei prossimi anni e mi ha recentemente colpito una
riflessione a vice alta di Massimo Bottura che ricorda come i cuochi di 40-50
anni fa avevano scelto quella professione perché non avevano voglia di
studiare. Ed è proprio vero, anche se non del tutto, dal momento che i genitori
fino a non molti anni fa mandavano i loro figli alla Scuola Alberghiera perché
a scuola dovevano andare, ma i loro insegnanti di terza media li avevano
sconsigliati di far loro frequentare un qualche liceo o ragioneria o scuola per
geometri perché sarebbero stati bocciati già alla fine del primo anno. “Meglio
imparare a lavare pentole e pelare patate piuttosto che bighellonare per le
strade con cattive compagnie”, dicevano allora i genitori.
Da qualche tempo le cose stanno
cambiando. Ci sono ragazze e ragazzi che frequentano le scuole alberghiere
regionali (i famosi e importanti Centri di Formazione Professionali) e poi decidono
di passare agli Istituti Alberghieri di Stato e, un buon numero prosegue poi
per l’Università. E c’è chi, al termine di un simile lungo percorso decide di
entrare in una cucina per iniziare un percorso che prevede lunghi stage anche all’estero
presso importanti cucine, prima di aprire o acquisire un proprio ristorante. E questo succede non solo nel mondo della
ristorazione cosiddetta alta, ma anche nel mondo della pizzeria.
Le pizzerie d’alta qualità
Dico la verità, mi da fastidio sentir
parlare di pizzerie gourmet, come se le altre fossero pizzerie senza arte né
parte. Le pizzerie sono pizzerie: ce ne sono di buone e di meno buone,
d’accordo. Mi farebbe ridere leggere
un’insegna con scritto “Ristorante gourmet” o “Ristorante esperienziale”.
Parole al vento e senza senso. E così è per le pizzerie. Conosco ottimi
pizzaioli, seri, professionali, che scelgono con cura la materia prima,
preparano impasti veramente buoni e preparano pizze attentamente studiate e
collaudate che piacciono molto anche ai clienti più esigenti. Ma sono umili,
non sono ammanigliati con giornalisti amici, non si prestano ad esibizioni
gratuite in qualche TV. Per cui non diventano cult, non ricevono i complimenti
delle guide, non sono classificati gourmet, anzi molto spesso sono ignorati dagli
ineffabili ispettori dele guide gastronomiche (non tutti, a dir il vero, ce ne
sono di molto seri, sull’esempio di Edoardo Raspelli).
Questi criteri sono il passato, stanno
morendo anche se ce ne sono ancora parecchi vivi e vitali.
Come sarà allora il domani di pizzerie e
ristoranti?
Il cibo è cultura
L’ho scritto molte volte: il cibo è un
prodotto delicatissimo perché se si sbaglia si può anche morire. Ed è già
successo. Il cibo, che sia una pizza o
un magnifico piatto di tortellini in brodo di cappone, può essere sì frutto
della tradizione, dell’esperienza dei pizzaioli e dei cuochi, ma è innanzi
tutto un elemento vitale, serve cioè a vivere.
Preparare un piatto non è un gioco di
bravura – lo fanno i cosiddetti gourmet – perché è soprattutto un fatto
culturale.
Alle domande: quali sono i prodotti che
fanno bene alla salute? Ma è proprio importante usare prodotti di
stagione? È necessario conoscere le
caratteristiche nutrizionali dei prodotti? Si deve tener conto in un pranzo di
non offrire ai clienti dei piatti con una quantità esagerata di calorie e
squilibrate di proteine, carboidrati e grassi oppure è meglio accontentarli
anche se quei piatti possono essere nocivi?
Ecco le cose da sapere, assieme
naturalmente a molte altre.
Cultura e tradizione
Ogni popolo, anzi ogni luogo se non
addirittura ogni famiglia – fino a qualche decina d’anni fa quando esisteva
ancora la civiltà contadina – aveva i suoi piatti tradizionali non solo per le
feste principali e per gli eventi famigliari (un battesimo, un matrimonio,
ecc.), ma per tutti i giorni. Nelle case contadine c’era un menu ormai fisso e
basta chiedere ai nonni per conoscere le vecchie tradizioni di famiglia e del
paese.
Ora non è più così. In una casa gli
adulti lavorano, metà se non più del cibo è acquistato pronto al supermercato o
in una gastronomia o in rosticceria. Molti mangiano a mezzogiorno un panino
portato da casa e poi la sera fanno una cena abbondante. E questo fa bene alla
salute? Si sa la natura e le caratteristiche di quello che si acquista pronto
al supermercato?
Questa è la realtà di oggi, E le
pizzerie? I ristoranti?
Ecco la novità che avanza. Nelle cucine
dei ristoranti sono in deciso aumento cuochi e aiutanti che hanno completato le
scuole superiori e ci sono anche dei laureati che offrono piatti frutto di
conoscenza scientifica sui prodotti, sulle calorie utili, sul rapporto
proteine-carboidrati-grassi.
In futuro, mi auguro non lontano, avremo
una cucina più sana e di più alta qualità, senza gourmetterie, ma frutto di una
solida cultura professionale. Perché con il cibo non si scherza: il cibo è
vita.