giovedì 7 luglio 2016

Il cibo componente essenziale dell’esistenza. Proviamo a partire dall’inizio

di Giampiero Rorato

Racconta la Bibbia che Dio, appena creato l’uomo – “maschio e femmina li creò” (Gn, 1,27) – “disse queste parole: «Ecco, io vi do ogni sorta di graminacee produttrici di semenza, che sono sulla superficie di tutta la terra, ed anche ogni sorta di alberi in cui vi sono frutti portatori di seme: essi costituiranno il vostro nutrimento.» (Gn 1,29).


Dunque già il Creatore aveva affermato che la vita di uomini e donne dipende in primo luogo dal cibo, elemento assolutamente indispensabile per vivere e per garantire la continuità della specie umana e, originariamente, prima del peccato originale, si trattava di cibo esclusivamente vegetale.

Il David di Donatello


Millenni dopo, come ci hanno recentemente ricordato anche Enzo Bianchi nel suo straordinario “Spezzare il pane. Gesù a tavola e la sapienza del vivere” (Einaudi, 2015), e Andrea Segrè nel suo “Cibo” (il Mulino, 2015), ecco l’autore dello stupendo Salmo 104 (103), probabilmente il re David, innalzare un inno alla creazione, con significative allusioni al cibo, in particolare nei versi 10-15, che riporto nella poetica traduzione di Davide Maria Turoldo:

Egli fa scaturire sorgenti e scorrere fiumi giù per le valli e in mezzo alle montagne.
Ivi a bere vanno gli animali dei campi e la zebra vi spezza la sete.
Sopra le lor sponde fan nido gli uccelli e tra le fronde compongono canti.
Egli irriga i monti dalle alte sue stanze: dal frutto delle opere tue tu pasci la terra.
L'erba fai crescere per tutti gli armenti e vegetali per la vita di ogni mortale; perché raccolga pane da tutta la terra.
E vino che allieta il cuore dell'uomo, e olio che fa brillare il suo volto, e pane ancora a irrobustirne il vigore

David Maria Turoldo


In questi sei versetti l’antico poeta narra le meraviglie di Dio e il suo amore per le creature, cui garantisce il nutrimento. 

Ma c’è di più: in questi versi sono indicati i fondamenti dell’alimentazione umana  che resteranno in eterno a qualificare la civiltà del “popolo eletto”, Israele, e, con lui, quanti si riconoscono nella civiltà occidentale, che è stata correttamente definita dagli studiosi come “civiltà greco-giudaico-cristiana”.

I fondamenti dell’alimentazione chiaramente indicati nel Salmo, sono il pane, il vino e l’olio (naturalmente d’oliva) che ancor oggi caratterizzano la civiltà occidentale e sono alla base di quella che è conosciuta nel mondo come cucina (dieta) mediterranea..

E ci sono altri quattro versetti dello stesso salmo che merita conoscere:

Tutti aspettano da te alimento, che tu li nutra a tempo opportuno.
Tu lo provvedi ed essi lo accolgono: tu apri la mano e ciascuno di loro si sazia di beni.
Ma se appena tu distogli il tuo volto subito il panico li piglia: se togli loro il tuo spirito subito periscono e tornano polvere.
Il tuo spirito mandi e sono creati e rinnovi la faccia alla terra.

C’è molto da riflettere leggendo questi versetti. Innanzi tutto il cibo per l’uomo e per gli animali è dono di Dio, quindi è “sacro”, e lo è anche perché è garanzia di vita.



Dio non lo nega (e non lo nega la natura, che è opera di Dio), sono semmai gli uomini a negarlo, visto che attualmente di fronte a oltre un miliardo di esseri umani obesi o ipernutriti, c’è quasi un miliardo di esseri umani che patiscono la fame o sono sottonutriti, con una mortalità infantile paurosa e una vita media che stenta ad arrivare ai trent’anni. Quindi di cibo ce n’è per tutti, perché Dio lo garantisce per tutti. Ma perché ci sia cibo per tutti serve obbedire alle leggi della natura, messe da Dio e la natura chiede rispetto, non sfruttamento insensato, disboscamenti, abbandoni, come spesso avviene.

Dio dunque provvede, ma se appena tu distogli il tuo volto, e ciò succede quando gli uomini non rispettano le leggi della natura, dice il salmista, e sono presi dal loro insensato egoismo, allora ecco che cadono nel panico e temono che il cibo, garanzia di vita, non sia più sufficiente (come sovente è dato da ascoltare anche da certi sopravvalutati soloni)..

Michelangelo, Cappella Sistina: il profeta Isaia
Come uscire dall’egoismo e riprendere un corretto rapporto con il Dio creatore e garante della vita? Ce lo ricorda il profeta Isaia (circa 765-701 a.C.) che richiama il popolo ebraico alla conversione per non incorrere nella punizione di Dio (che, poi, continuando gli Ebrei a  disobbedire a Dio, saranno puniti con la deportazione a Babilonia).

Nel cap. 58 - la raccolta delle predicazioni dei profeti è stata fatta non da loro ma dai loro discepoli – Isaia  parla a nome di Dio e chiede al popolo eletto il digiuno, ma un digiuno speciale (come ripete di questi tempi papa Francesco):

“Non forse questo (è il digiuno richiesto da Dio): spezzare il pane all’affamato,
introdurre in casa i poveri senza tetto,
coprire colui che hai visto nudo, senza trascurare quelli della tua carne?”

Ecco cosa significa, oggi, il digiuno, cioè essere fedeli a Dio: condividere il pane con chi non ne ha e sta soffrendo la fame, dare una casa a chi ne è senza e un vestito a chi è nudo. E ciò vale non solo per gli stranieri, gli immigrati d’oggi, ma anche per chi abita vicino a noi, per i nostri connazionali che vivono in povertà. 

Questo non è solo l’ordine di Dio, non è solo un principio cui devono attenersi ebrei e cristiani, poiché è puro buon senso e non capirlo significa essere privi di umanità.



Le parole del profeta Isaia gridate agli abitanti di Gerusalemme oltre 2600 anni fa restano di piena attualità, perché è così, con questi sentimenti e con questi impegni che l’uomo d’oggi deve vivere se vuole che “Dio non distolga il suo volto” e garantisca cibo e vita dignitosa per tutti.

A volte, anzi, troppe volte, si pensa d’essere capaci di tutto, in verità non siamo neppur capaci di  impedire il sorgere d’un semplice raffreddore e allora è bene ritornare alla saggezza della storia e la Bibbia, un grande condensato di saggezza, ci aiuta a capire come deve essere la nostra vita, per non dover mai soffrire la fame e quindi garantirne la continuità anche alle generazioni che verranno.


Avrebbe potuto essere anche il tema centrale dell’Expo di Milano, ma la grande kermesse doveva anzitutto badare a quadrare i conti, i problemi della fame si sarebbero risolti dopo, “da chi di dovere”, com’è uso dire.

Di fronte a un proliferare di studi, libri, ricettari, trasmissioni televisive dedicate al cibo e alla gastronomia, a volte anche con la finalità di far conoscere questo importante aspetto della civiltà, sono convinto che non è possibile parlare di gastronomia, anche attuale, a prescindere e ignorando la storia dell’alimentazione che ha avuto origine lo stesso giorno che l’uomo, l’antichissimo nostro progenitore -  fosse esso l’homo habilis, oppure l’homo erectus o l’homo sapiens o l'homo sapiens sapiens.- è apparso sulla terra. Se fin dall’inizio l’umanità avesse imboccato la strada indicata dal citato salmo 104 tutti gli uomini avrebbero potuto disporre di cibo sufficiente, ma così non è stato.

L’uomo, lo sappiamo, non è onnipotente, né onnisciente e pur riuscendo a risolvere molte questioni per garantire e migliorare la propria vita, non può prescindere dalla saggezza del passato di cui abbiamo visto alcuni insegnamenti che non possiamo fingere di ignorare, insegnamenti che ci obbligano a riflettere, essendo affermazioni razionali, quindi utili per risolvere i problemi alimentari del nostro tempo e continuare a vivere, godere e scrivere la storia della gastronomia.