di Giampiero Rorato
Racconta la Bibbia che Dio, appena
creato l’uomo – “maschio e femmina li
creò” (Gn, 1,27) – “disse queste parole: «Ecco, io vi do ogni sorta di graminacee produttrici di semenza, che
sono sulla superficie di tutta la terra, ed anche ogni sorta di alberi in cui
vi sono frutti portatori di seme: essi costituiranno il vostro nutrimento.»
(Gn 1,29).
Dunque già il Creatore aveva affermato
che la vita di uomini e donne dipende in primo luogo dal cibo, elemento
assolutamente indispensabile per vivere e per garantire la continuità della
specie umana e, originariamente, prima del peccato originale, si trattava di
cibo esclusivamente vegetale.
Il David di Donatello |
Millenni dopo, come ci hanno
recentemente ricordato anche Enzo Bianchi nel suo straordinario “Spezzare il pane. Gesù a tavola e la
sapienza del vivere” (Einaudi, 2015), e Andrea Segrè nel suo “Cibo” (il Mulino, 2015), ecco l’autore
dello stupendo Salmo 104 (103), probabilmente il re David, innalzare un inno
alla creazione, con significative allusioni al cibo, in particolare nei versi
10-15, che riporto nella poetica traduzione di Davide Maria Turoldo:
Egli fa scaturire sorgenti e scorrere fiumi giù per le valli e in
mezzo alle montagne.
Ivi a bere vanno gli animali dei campi e la zebra vi spezza la
sete.
Sopra le lor sponde fan nido gli uccelli e tra le fronde compongono
canti.
Egli irriga i monti dalle alte sue stanze: dal frutto delle opere
tue tu pasci la terra.
L'erba fai crescere per tutti gli armenti e vegetali per la vita di
ogni mortale; perché raccolga pane da tutta la terra.
E vino che allieta il cuore dell'uomo, e olio che fa brillare il
suo volto, e pane ancora a irrobustirne il vigore
David Maria Turoldo |
In questi sei versetti l’antico poeta
narra le meraviglie di Dio e il suo amore per le creature, cui garantisce il
nutrimento.
Ma c’è di più: in questi versi sono indicati i fondamenti
dell’alimentazione umana che resteranno
in eterno a qualificare la civiltà del “popolo eletto”, Israele, e, con lui,
quanti si riconoscono nella civiltà occidentale, che è stata correttamente definita
dagli studiosi come “civiltà greco-giudaico-cristiana”.
I fondamenti dell’alimentazione
chiaramente indicati nel Salmo, sono il pane, il vino e l’olio (naturalmente d’oliva) che ancor oggi
caratterizzano la civiltà occidentale e sono alla base di quella che è
conosciuta nel mondo come cucina (dieta) mediterranea..
E ci sono altri quattro versetti dello
stesso salmo che merita conoscere:
Tutti aspettano da te alimento, che tu li nutra a tempo opportuno.
Tu lo provvedi ed essi lo accolgono: tu apri la mano e ciascuno di
loro si sazia di beni.
Ma se appena tu distogli il tuo volto subito il panico li piglia:
se togli loro il tuo spirito subito periscono e tornano polvere.
Il tuo spirito mandi e sono creati e rinnovi la faccia alla terra.
C’è molto da riflettere leggendo questi
versetti. Innanzi tutto il cibo per l’uomo e per gli animali è dono di Dio,
quindi è “sacro”, e lo è anche perché è garanzia di vita.
Dio non lo nega (e non lo nega la
natura, che è opera di Dio), sono semmai gli uomini a negarlo, visto che
attualmente di fronte a oltre un miliardo di esseri umani obesi o ipernutriti,
c’è quasi un miliardo di esseri umani che patiscono la fame o sono sottonutriti,
con una mortalità infantile paurosa e una vita media che stenta ad arrivare ai
trent’anni. Quindi di cibo ce n’è per tutti, perché Dio lo garantisce per
tutti. Ma perché ci sia cibo per tutti serve obbedire alle leggi della natura,
messe da Dio e la natura chiede rispetto, non sfruttamento insensato,
disboscamenti, abbandoni, come spesso avviene.
Dio dunque provvede, “ma se appena tu distogli
il tuo volto”, e ciò succede quando gli uomini non rispettano le
leggi della natura, dice il salmista, e sono presi dal loro insensato egoismo,
allora ecco che cadono nel panico e temono che il cibo, garanzia di vita, non
sia più sufficiente (come sovente è dato da ascoltare anche da certi
sopravvalutati soloni)..
Michelangelo, Cappella Sistina: il profeta Isaia |
Come uscire dall’egoismo e riprendere un
corretto rapporto con il Dio creatore e garante della vita? Ce lo ricorda il
profeta Isaia (circa 765-701 a .C.)
che richiama il popolo ebraico alla conversione per non incorrere nella
punizione di Dio (che, poi, continuando gli Ebrei a disobbedire a Dio, saranno puniti con la
deportazione a Babilonia).
Nel cap. 58 - la raccolta delle
predicazioni dei profeti è stata fatta non da loro ma dai loro discepoli –
Isaia parla a nome di Dio e chiede al
popolo eletto il digiuno, ma un digiuno speciale (come ripete di questi tempi
papa Francesco):
“Non forse questo (è il digiuno richiesto da
Dio): spezzare il pane all’affamato,
introdurre in casa i poveri senza tetto,
coprire colui che hai visto nudo, senza trascurare quelli della tua
carne?”
Ecco cosa significa, oggi, il digiuno,
cioè essere fedeli a Dio: condividere il pane con chi non ne ha e sta soffrendo
la fame, dare una casa a chi ne è senza e un vestito a chi è nudo. E ciò vale
non solo per gli stranieri, gli immigrati d’oggi, ma anche per chi abita vicino
a noi, per i nostri connazionali che vivono in povertà.
Questo non è solo
l’ordine di Dio, non è solo un principio cui devono attenersi ebrei e
cristiani, poiché è puro buon senso e non capirlo significa essere privi di
umanità.
Le parole del profeta Isaia gridate agli
abitanti di Gerusalemme oltre 2600 anni fa restano di piena attualità, perché è
così, con questi sentimenti e con questi impegni che l’uomo d’oggi deve vivere
se vuole che “Dio non distolga il suo volto” e
garantisca cibo e vita dignitosa per tutti.
A volte, anzi, troppe volte, si pensa
d’essere capaci di tutto, in verità non siamo neppur capaci di impedire il sorgere d’un semplice raffreddore
e allora è bene ritornare alla saggezza della storia e la Bibbia , un grande
condensato di saggezza, ci aiuta a capire come deve essere la nostra vita, per
non dover mai soffrire la fame e quindi garantirne la continuità anche alle
generazioni che verranno.
Avrebbe potuto essere anche il tema
centrale dell’Expo di Milano, ma la grande kermesse doveva anzitutto badare a quadrare
i conti, i problemi della fame si sarebbero risolti dopo, “da chi di dovere”,
com’è uso dire.
Di fronte a un proliferare di studi,
libri, ricettari, trasmissioni televisive dedicate al cibo e alla gastronomia,
a volte anche con la finalità di far conoscere questo importante aspetto della
civiltà, sono convinto che non è possibile parlare di gastronomia, anche
attuale, a prescindere e ignorando la storia dell’alimentazione che ha avuto origine
lo stesso giorno che l’uomo, l’antichissimo nostro progenitore - fosse esso l’homo habilis,
oppure l’homo erectus o l’homo sapiens o l'homo sapiens
sapiens.- è apparso sulla terra. Se fin dall’inizio l’umanità
avesse imboccato la strada indicata dal citato salmo 104 tutti gli uomini
avrebbero potuto disporre di cibo sufficiente, ma così non è stato.