Alla ricerca d’un padre
ignoto
di Giampiero Rorato
Negli ultimi tempi s’è fatto un
gran parlare e un gran scrivere sul dolce denominato Tiramisù e sono entrate in ballo anche le burocrazie del
Friuli-Venezia Giulia e del Veneto, oltre al Ministero delle Politiche Agricole
e Forestali. Ma perché tutto questo rumore?
Naturalmente perché molti vogliono appropriarsi della sua paternità. Lo scrivente, in un frangente che fa pensare ad una vecchia battaglia fra Bologna e Modena e che Alessandro Tassoni raccontò nel suo poema eroicomico “La secchia rapita” d’inizio Seicento, in questa fase non si schiera da nessuna parte, preferendo raccontare, pur sinteticamente, i fatti, lasciando il giudizio ai lettori.
Naturalmente perché molti vogliono appropriarsi della sua paternità. Lo scrivente, in un frangente che fa pensare ad una vecchia battaglia fra Bologna e Modena e che Alessandro Tassoni raccontò nel suo poema eroicomico “La secchia rapita” d’inizio Seicento, in questa fase non si schiera da nessuna parte, preferendo raccontare, pur sinteticamente, i fatti, lasciando il giudizio ai lettori.
Questo dessert come
ricordava il sociologo Vittorio Filippi
il 9 agosto scorso nell’editoriale del Corriere del Veneto, non ha grande
storia, la sua ricetta non era presente nei libri di cucina degli anni 60 e 70
e il termine entra nei dizionari della lingua italiana solo a partire dal 1980.
È pronipote d’un dolce romagnolo, impiega savoiardi piemontesi, mascarpone lombardo, cacao brasiliano. “È, dunque, un prodotto culturale, il buon risultato di un meticciato profondo di diversi prodotti di diverse origini. Oggi è presente nel dizionario di 23 differenti lingue e in Europa è la quinta parola italiana più conosciuta”.
È pronipote d’un dolce romagnolo, impiega savoiardi piemontesi, mascarpone lombardo, cacao brasiliano. “È, dunque, un prodotto culturale, il buon risultato di un meticciato profondo di diversi prodotti di diverse origini. Oggi è presente nel dizionario di 23 differenti lingue e in Europa è la quinta parola italiana più conosciuta”.
I precedenti
Ma andiamo con ordine. Nel corso
del XVI secolo fu elaborato alla corte degli Estensi a Ferrara un dolce a base
di pan di Spagna, crema e liquore che in seguito si affinò con crema pasticcera
e Alchermes ed è considerato l’erede italiano del dolce anglosassone “Trifie”
che nel Rinascimento trovò ampia diffusione in Europa e, quasi un paio di
secoli dopo, fu coperto con cacao arrivato dal Nuovo Mondo.
Venne chiamato zuppa inglese, pare in onore della regina d’Inghilterra ed ebbe nell’Italia di centro-nord molte varianti e ne ricordiamo la principale, il Porcospino, molto diffuso in Romagna, con addirittura una propria sagra e concorso che si tiene annualmente a Mercato Saraceno (Forlì-Cesena).
Il “Porcospino” era presente nella prima metà del secolo scorso anche nel Trevigiano, precisamente nel ristorante “Agnoletti”, aperto nel1780 a Giavera del Montello e portato in auge
dal grande Leone Agneletti a cavallo e subito dopo l’ultima guerra.
Venne chiamato zuppa inglese, pare in onore della regina d’Inghilterra ed ebbe nell’Italia di centro-nord molte varianti e ne ricordiamo la principale, il Porcospino, molto diffuso in Romagna, con addirittura una propria sagra e concorso che si tiene annualmente a Mercato Saraceno (Forlì-Cesena).
Il “Porcospino” era presente nella prima metà del secolo scorso anche nel Trevigiano, precisamente nel ristorante “Agnoletti”, aperto nel
Quando, dopo il 1815, il Veneto
passò sotto la corona asburgica, si diffusero anche al di qua delle Alpi i dolci al caffè e dei pasticceri
innovatori sostituirono l’alchermes col caffè e il pan di Spagna con i
savoiardi.
Nel Trevigiano
Venendo ad anni più recenti va
ricordato che nel 1954 arrivò in visita a Venezia la regina di Grecia Federica
di Hannover e le fu offerto un pranzo d’onore anche nel Trevigiano.
A preparare il dolce fu chiamata la signora Speranza Bon Garatti, che aveva un rinomato ristorante in zona Stiore a Treviso e realizzò quello che lei denominò “Coppa imperiale al Fogher”, confezionato quindi in coppa con base pan di Spagna, caffè, crema di mascarpone e cioccolato fondente grattugiato (molto simile all’attuale tiramisù).
A preparare il dolce fu chiamata la signora Speranza Bon Garatti, che aveva un rinomato ristorante in zona Stiore a Treviso e realizzò quello che lei denominò “Coppa imperiale al Fogher”, confezionato quindi in coppa con base pan di Spagna, caffè, crema di mascarpone e cioccolato fondente grattugiato (molto simile all’attuale tiramisù).
Fu un successo, tanto che è
servito ancor oggi agli ospiti dell’Albergo Al Fogher di Treviso, esattamente
come l’aveva pensato e realizzato la mamma degli attuali titolari. La signora
Bon aveva voluto migliorare una ricetta preesistente, preparando questo dolce
in monodosi per rendere più facile ed elegante il servizio.
Sembra che negli stessi anni un
dolce analogo fosse preparato in un altro ristorante trevigiano, realizzandolo
di forma rettangolare su un grande vassoio. E c’è chi afferma che un dolce
analogo fosso preparato in un ristorante tra Livenza e Tagliamento. Ma di
questi dolci nessuno ne ne ha scritto. Pochi
anni dopo un dolce analogo, anche questo di dimensioni piuttosto grandi (da
ristorante) e di forma inizialmente rettangolare e poi anche rotonda, ma con
base di savoiardi al posto del pan di Spagna e cacao al posto del cioccolato
fondente grattugiato fu preparato alle Beccherie, ristorante nel cuore di
Treviso, dalla signora Alba Di Pillo Campeol, titolare del celebre ristorante
con il cuoco Roberto Linguanotto. Era il dolce della casa, da allora sempre
presente, venne quasi subito copiato e la diffusione fu immediata.
Nel 1981, il gastronomo
trevigiano Giuseppe Maffioli scrisse nella rivista Vin Veneto da lui diretta un
veloce articolo su questo dolce all’interno di un servizio dedicato ai dolci al
caffè. Dopo aver presentato tutta una serie di ricette scrive: “Tutte le
ricette suesposte appartengono a un repertorio più frequente nella cucina
mitteleuropea di Trieste e tuttavia con stretta parentela con quella veneziana
che per lungo tempo è stata influenzata dagli immigrati asburgici.
È nato recentemente, poco più di due lustri orsono [quindi nella seconda metà degli anni ‘60] un dessert nella città di Treviso, che fu proposto per la prima volta da un certo cuoco pasticcere di nome Loly Linguanotto, che, guarda caso, giungeva da recenti esperienze di lavoro in Germania. Il dolce e il suo nome tiramisù, come cibo nutrientissimo e ristoratore, divennero immediatamente popolarissimi e ripresi, con assoluta fedeltà o con qualche variante, non solo nei ristoranti di Treviso e provincia, ma anche in tutto il grande Veneto ed oltre, in tutta Italia.” Era la prima volta che usciva un articolo sul tiramisù, specificando autori e nome del ristorante.
È nato recentemente, poco più di due lustri orsono [quindi nella seconda metà degli anni ‘60] un dessert nella città di Treviso, che fu proposto per la prima volta da un certo cuoco pasticcere di nome Loly Linguanotto, che, guarda caso, giungeva da recenti esperienze di lavoro in Germania. Il dolce e il suo nome tiramisù, come cibo nutrientissimo e ristoratore, divennero immediatamente popolarissimi e ripresi, con assoluta fedeltà o con qualche variante, non solo nei ristoranti di Treviso e provincia, ma anche in tutto il grande Veneto ed oltre, in tutta Italia.” Era la prima volta che usciva un articolo sul tiramisù, specificando autori e nome del ristorante.
Negli anni seguenti sul tiramisù appaiono altri articoli e la ricetta è ben presto
riportata in doversi libri di cucina.
Tiramisù monodose di Elisa Puzzer (Trieste) |
In Friuli Venezia Giulia
In Friuli Venezia Giulia si hanno
notizie abbastanza recenti sull’esistenza di un dolce chiamato Tiramisù che sarebbe stato realizzato
al Roma di Tolmezzo da Norma Pielli, modificando
il “Dolce Torino” C’è la copia di un conto rilasciato dal Ristorante nel 1959 e
poi la citazione “par indolzi: di tirimi-su un pôc” (per dolce: un po’ di tirimi-su)
in due cene del 1963 e 65.e, successivamente, sarebbe emersa anche la ricetta,
scritta in data non precisata.
Nello stesso periodo a Pieris
(Gorizia) era preparato un dolce denominato Coppa
Vetturino Tirime su. Queste notizie
sono state confermate da persone degne di fede, eredi o parenti degli autori
dei due dolci citati.
Dopo quei pochi anni, di entrambi
i dolci non si è più fatta menzione, forse perché non più realizzati, anche se
qualche cuoco o cameriere dei due locali può averli realizzati in casa propria
o fatti conoscere ad altri cuochi o ristoratori.
Il dato storico più recente è del
24 maggio 2015 e riguarda il Tiramisù più
grande del mondo, realizzato a Gemona del Friuli della lunghezza di 30 metri e largo 2, del
peso di 3.015 kg ,
che ha fatto entrare questo Tiramisù nel Guinness dei primati. I primati
precedenti appartenevano a Piove di Sacco, Cassino e al Bahrein…
Un’ultima annotazione:
l’accademico udinese Pietro Adami, originario di Raveo, ha scritto nel 1985 un
volume intitolato “La cucina carnica”, riedito arricchito da ulteriori ricerche
anche d’archivio nel 2009 (entrambi da Muzio editore). In nessuno dei due
volumi è citato questo dolce in Carnia.
Nel 1995 il grande cuoco carnico Gianni Cosetti, chef patron del Roma di
Tolmezzo, pubblica un denso volume intitolato “Vecchia e nuova cucina di
Carnia” (ultima edizione, Tipografia Moro, Tolmezzo, 2015), Neppure Gianni
Cosetti nomina il Tiramisù, sconosciuto, quindi sia allo studioso e ricercatore
Pietro Adami che allo chef Gianni Cosetti.
Il padre ignoto
Del bisavolo abbiamo scritto: è la Zuppa inglese, così come sappiamo che quel
dolce ha avuto molti figli, nipoti e pronipoti che, col passare dei secoli, si
sono modificati adeguandosi ai nuovi gusti e alle nuove mode e, fra questa
discendenza, ci sono anche il “Dolce Torino”, riportato dall’Artusi ed altri
simili in voga in Italia nell’800. Trattandosi di un dolce ora diffuso in tutto
il mondo, considerato addirittura il più diffuso, trovare chi è il padre è
impresa titanica, se non impossibile, che lasciamo ad altri.
Allora che cosa ci interessa sapere: Chi ha inventato il nome tiramisù? Di padri, a distanza di decenni, ne sono spuntati parecchi, un po’ troppo per la verità. Chi ne ha precisato la grafia?
E qui, non c’è dubbio. È stato Giuseppe Maffioli nel 1981, anche se l’anno prima il nome era stato inserito per la prima volta in un vocabolario, come mostro nel pezzo che segue.
Chi l’ha fatto conoscere nel mondo? E anche qui il merito va a Giuseppe Maffioli, è stato il primo a far conoscere attraverso la stampa la ricetta.
E, pur nelle mille varianti realizzate attualmente, qual è la ricetta inizialmente diffusa dai media e realizzata nei ristoranti di tutto il globo? Non c’è dubbio, quella delle Beccherie di Treviso. Credo tuttavia che ciò che veramente importa è che nel nostro Nordest è stato affinato e lanciato un dolce straordinario e buonissimo che il mondo ci invidia. E dobbiamo esserne fieri
E qui, non c’è dubbio. È stato Giuseppe Maffioli nel 1981, anche se l’anno prima il nome era stato inserito per la prima volta in un vocabolario, come mostro nel pezzo che segue.
Chi l’ha fatto conoscere nel mondo? E anche qui il merito va a Giuseppe Maffioli, è stato il primo a far conoscere attraverso la stampa la ricetta.
E, pur nelle mille varianti realizzate attualmente, qual è la ricetta inizialmente diffusa dai media e realizzata nei ristoranti di tutto il globo? Non c’è dubbio, quella delle Beccherie di Treviso. Credo tuttavia che ciò che veramente importa è che nel nostro Nordest è stato affinato e lanciato un dolce straordinario e buonissimo che il mondo ci invidia. E dobbiamo esserne fieri