giovedì 21 giugno 2018

Il personaggio / Galeotta fu quella cena

Due parole con Enrico Mazzocco, general Manager del Relais Monaco Hotel & Spa di Ponzano (Treviso), che a Fuocolento confessa:“Nella vita l’importante è avere un Piano B”

Vista dall'alto del Relais Monaco di Ponzano

 “A 18 anni avevo già ben chiaro il mio percorso. Sapevo, in fondo, quello che avrei voluto fare”.
Enrico Mazzocco, General Manager del Relais Monaco di Ponzano, a un tiro di schioppo da Treviso, non usa mezzi termini. E racconta i segreti di quello che un tempo si definiva direttore d’albergo.

La Villa

Il Relais Monaco Country Hotel & Spa, ospitato nell’ottocentesca villa Persico Guarnieri, lunghe barchesse laterali, architetture vagamente classicheggianti e parco fino all’orizzonte, è ben più che un semplice albergo ristorante. Tra gli ambienti più “in” della Marca trevigiana, il Relais  ha assunto un alone di celebrità quando, nel 1965, tra le sue stanze, venne girato il film di Pietro Germi, Signore e Signori, con Virna Lisi, Gastone Moschin, Alberto Lionello e Olga Villi.

Oggi la struttura, comprensiva di albergo, nuova Spa da 700 metri quadrati, ristorante e centro congressi, è divenuta must per quanto riguarda ristorazione e attività alberghiera in tutto il Nord Est italiano.

Il Manager

Enrico Mazzocco
A dirigerla c’è Enrico Mazzocco che, parlando della sua esperienza a Fuocolento, dice la sua anche sul futuro del settore.

Oggi più che mai, oltre a preparazione e conoscenza, a un direttore si chiede una qualità mica da ridere: la passione.
“Fin da ragazzo ho avuto le idee molto chiare. A parte un periodo in cui volevo fare il pilota - idea presto tramontata (ride, nda) - ho avuto la fortuna di poter contare su, diciamo così, un Piano B. Frequentavo l’Istituto Turistico a Udine, mi piaceva il mondo degli alberghi, ero attratto da questa realtà. I miei genitori lo sapevano. E così, una sera, per il mio diciottesimo compleanno, mi portarono a cena alla celebre Villa Cipriani ad Asolo, sui colli trevigiani”.

E che successe?
“Dopo un po’ si presentò il direttore Giuseppe Kamenar, figura quasi mitica per chi è del settore. 
E pure per me sarà una delle figure base della mia futura esperienza. Ci chiese cosa festeggiassimo e, avuta la risposta, chiese a me cosa avrei voluto fare da grande. Quando, senza esitazioni, gli risposi ‘il direttore d’albergo’, mi guardò fisso negli occhi. Forse intravide qualcosa. 
Senza aspettare che finissi la cena, mi prese sottobraccio e mi fece visitare tutto l’ambiente. E chi lo conosce, sa di che parlo. Al termine della serata, mi domandò se, al termine della scuola, avrei voluto tornare in estate per uno stage. Galeotta fu quella cena. Lì scattò la scintilla”.

Una sala del ristorante


La  Formazione

Seguì il periodo al Centro di Formazione Professionale al Ciga, Compagnia Italiana Grandi Alberghi, di Venezia. Poi esperienze in alberghi storici di Roma, Venezia, Principato di Monaco e diverse altre realtà.


Quali gli aneddoti di quel periodo?
“Ricordo a Villa Cipriani alla fine degli anni ‘80 una riunione informale dei ministri degli esteri della Cee, l’allora Comunità Economica Europea. Oppure a Roma un congresso dell’Onu con l’allora presidente Boutros Ghali. Sebbene giovane, potevo muovermi a stretto contatto con quelle personalità di rilievo internazionale. Toccai con mano l’importanza del settore alberghiero e capii dove si poteva arrivare lavorando duro e con entusiasmo”.


Quali i modelli?
“Direi diversi. Penso ad esempio a Luciano Borso, segretario di Ricevimento all’Hotel Danieli di Venezia, che parlava correttamente sette lingue e sempre con il sorriso sulla bocca. O lo stesso Giuseppe Kamenar, che identifico come il vero manager alberghiero, figura che influenzò i miei anni futuri”.


E che fa un manager?
“Non importa se produci bulloni o vendi servizi. Devi però produrre il miglior prodotto possibile. E la differenza non la fa la tecnologia, il ‘di più’ è sempre opera della persona. Nel nostro caso vendiamo servizi alberghieri, per cui la differenza sta nell’approccio al cliente e nel senso di ospitalità che gli comunichiamo. 

Possiamo avere la casa più bella del mondo, ma se non si sorride e non si comunica la gioia dell'incontro, non si centra l’obiettivo. 

Nel nostro caso, se non ci piacesse accogliere gli ospiti, dovremmo cambiare lavoro domattina. Vale per qualsiasi albergatore in ogni parte del mondo”.

la Spa


Qui entra in gioco la dimensione manageriale. Non solo sorrisi...
“Nel caso del Relais Monaco, la nostra realtà è divisa in quattro settori. C’è l’albergo, il centro congressi, la Spa e il ristorante, diviso tra clienti individuali e ‘banchettistica’ che spesso percorrono strade differenti. 

Sono quattro settori molto differenti tra loro, ma tutti devono essere in grado di comunicare e integrarsi. 

Tutti devono garantire uno standard qualitativo identico. 

Non possiamo avere un ottimo ristorante e un’area Spa meno convincente. Se il cliente mangia bene ma dorme male, chi ne risente non è il solo albergo ma l’intero Relais. 

Alla fine si tratta di gestire quattro aziende in una. E un errore in un settore può avere ripercussioni negli altri tre”.

Da qui l’importanza della squadra.
“Si vince col gruppo, non da soli. Specie in questo mondo. Per fortuna al Relais Monaco opera una compagine sia qualificata che omogenea. 

Come coordino le varie professionalità. Ma non è solo questo; è importante, anzi direi fondamentale, che tutti si sentano parte del progetto. È così che si vince”.

una delle stanze del Relais


Siete una realtà di élite, quale la difficoltà maggiore?
“Il non accontentarsi, nemmeno quando si raggiunge l’obiettivo, o magari si pensa di averlo raggiunto. 

Si può sempre migliorare, si può sempre salire uno scalino in più. Per cui credo che la vera scommessa sia quella di non sedersi sugli allori, nemmeno quando gli allori sono tanti. 

Quando si sale, si sa, c’è il rischio di cadere. Quello è il momento più insidioso”.

Rispetto al passato, oggi cosa chiede il cliente?  
“Un letto e un piatto di pasta, in fondo, si trovano dappertutto. L’obiettivo è dunque arricchire il servizio. 

Ad esempio, il cliente straniero vuole conoscere a fondo il territorio in cui temporaneamente si trova, vuole respirarne la vera essenza attraverso la natura, la tavola, l’arte. L’albergo, oggi, deve garantire tutto questo. 

Qui da noi organizziamo, tra le altre iniziative, percorsi cicloturistici proprio in quest’ottica. 
È solo un esempio, non scopriamo nulla, ma spiega il concetto. 

Il turista cerca delle esperienze ed è questa è la sfida di domani. Un domani che, in fondo, è già oggi”.  

Un'immagine dell'esterno