venerdì 19 gennaio 2024

 

Il cibo è cultura

di Giampiero Rorato

 

Di sta discutendo molto su come potrebbe essere la ristorazione dei prossimi anni e mi ha recentemente colpito una riflessione a vice alta di Massimo Bottura che ricorda come i cuochi di 40-50 anni fa avevano scelto quella professione perché non avevano voglia di studiare. Ed è proprio vero, anche se non del tutto, dal momento che i genitori fino a non molti anni fa mandavano i loro figli alla Scuola Alberghiera perché a scuola dovevano andare, ma i loro insegnanti di terza media li avevano sconsigliati di far loro frequentare un qualche liceo o ragioneria o scuola per geometri perché sarebbero stati bocciati già alla fine del primo anno. “Meglio imparare a lavare pentole e pelare patate piuttosto che bighellonare per le strade con cattive compagnie”, dicevano allora i genitori.

Da qualche tempo le cose stanno cambiando. Ci sono ragazze e ragazzi che frequentano le scuole alberghiere regionali (i famosi e importanti Centri di Formazione Professionali) e poi decidono di passare agli Istituti Alberghieri di Stato e, un buon numero prosegue poi per l’Università. E c’è chi, al termine di un simile lungo percorso decide di entrare in una cucina per iniziare un percorso che prevede lunghi stage anche all’estero presso importanti cucine, prima di aprire o acquisire un proprio ristorante.  E questo succede non solo nel mondo della ristorazione cosiddetta alta, ma anche nel mondo della pizzeria.

 

Le pizzerie d’alta qualità

 

Dico la verità, mi da fastidio sentir parlare di pizzerie gourmet, come se le altre fossero pizzerie senza arte né parte. Le pizzerie sono pizzerie: ce ne sono di buone e di meno buone, d’accordo.  Mi farebbe ridere leggere un’insegna con scritto “Ristorante gourmet” o “Ristorante esperienziale”. Parole al vento e senza senso. E così è per le pizzerie. Conosco ottimi pizzaioli, seri, professionali, che scelgono con cura la materia prima, preparano impasti veramente buoni e preparano pizze attentamente studiate e collaudate che piacciono molto anche ai clienti più esigenti. Ma sono umili, non sono ammanigliati con giornalisti amici, non si prestano ad esibizioni gratuite in qualche TV. Per cui non diventano cult, non ricevono i complimenti delle guide, non sono classificati gourmet, anzi molto spesso sono ignorati dagli ineffabili ispettori dele guide gastronomiche (non tutti, a dir il vero, ce ne sono di molto seri, sull’esempio di Edoardo Raspelli).

Questi criteri sono il passato, stanno morendo anche se ce ne sono ancora parecchi vivi e vitali.

Come sarà allora il domani di pizzerie e ristoranti?

 

Il cibo è cultura

 

L’ho scritto molte volte: il cibo è un prodotto delicatissimo perché se si sbaglia si può anche morire. Ed è già successo.  Il cibo, che sia una pizza o un magnifico piatto di tortellini in brodo di cappone, può essere sì frutto della tradizione, dell’esperienza dei pizzaioli e dei cuochi, ma è innanzi tutto un elemento vitale, serve cioè a vivere.

Preparare un piatto non è un gioco di bravura – lo fanno i cosiddetti gourmet – perché è soprattutto un fatto culturale.

Alle domande: quali sono i prodotti che fanno bene alla salute? Ma è proprio importante usare prodotti di stagione?  È necessario conoscere le caratteristiche nutrizionali dei prodotti? Si deve tener conto in un pranzo di non offrire ai clienti dei piatti con una quantità esagerata di calorie e squilibrate di proteine, carboidrati e grassi oppure è meglio accontentarli anche se quei piatti possono essere nocivi?

Ecco le cose da sapere, assieme naturalmente a molte altre.

 

Cultura e tradizione

 

Ogni popolo, anzi ogni luogo se non addirittura ogni famiglia – fino a qualche decina d’anni fa quando esisteva ancora la civiltà contadina – aveva i suoi piatti tradizionali non solo per le feste principali e per gli eventi famigliari (un battesimo, un matrimonio, ecc.), ma per tutti i giorni. Nelle case contadine c’era un menu ormai fisso e basta chiedere ai nonni per conoscere le vecchie tradizioni di famiglia e del paese.

Ora non è più così. In una casa gli adulti lavorano, metà se non più del cibo è acquistato pronto al supermercato o in una gastronomia o in rosticceria. Molti mangiano a mezzogiorno un panino portato da casa e poi la sera fanno una cena abbondante. E questo fa bene alla salute? Si sa la natura e le caratteristiche di quello che si acquista pronto al supermercato?

Questa è la realtà di oggi, E le pizzerie? I ristoranti?

Ecco la novità che avanza. Nelle cucine dei ristoranti sono in deciso aumento cuochi e aiutanti che hanno completato le scuole superiori e ci sono anche dei laureati che offrono piatti frutto di conoscenza scientifica sui prodotti, sulle calorie utili, sul rapporto proteine-carboidrati-grassi.

In futuro, mi auguro non lontano, avremo una cucina più sana e di più alta qualità, senza gourmetterie, ma frutto di una solida cultura professionale. Perché con il cibo non si scherza: il cibo è vita.