Il vino bianco del
Veneto Orientale e del Friuli Venezia Giulia più apprezzato e richiesto nel
secolo scorso sta ormai per scomparire
di Giampiero
Rorato
È
davvero triste dover assistere, impotenti, al lento progressivo declino d’un
vino bianco che, pur apparso solo nella seconda metà dell’800, è stato per
tutto il ‘900 uno dei più apprezzati e goduti emblemi della vitienologia del
Nordest d’Italia.
Non
è un vitigno storico (nonostante alcune piacevoli leggende friulane prive totalmente
di fondamento), essendo arrivato nella provincia di Venezia solo nella seconda
metà dell’800, importato da qualche ricco possidente in rapporti con la Francia
e ha subito trovato a Lison, frazione del comune di Portogruaro, il suo habitat
ideale, diffondendosi poi, abbastanza velocemente in tutto il Friuli Venezia
Giulia e nel Trevigiano. Il vitigno e il vino vennero allora chiamati Tocai,
anche se l’impiego di questo nome resta a tutt’oggi sconosciuto. Nella lingua
albanese, “tocai” significa “del posto”, e c’è chi ipotizza, non si sa su quale
base, che i vignaioli che lo importarono volessero farlo passare per un antico
vitigno locale.
In
verità, come hanno scoperto Antonio Calò e Angelo Costacurta, già primi
responsabili dell’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano
(Treviso), grazie all’esame del Dna, il Tocai è in realtà Sauvignonasse,
originario della Francia e lì praticamente scomparso.
Nei primi
decenni del secolo scorso, su questo vitigno c’era ancora molta confusione,
creduto a volte Riesling a volte Sauvignon e altro ancora. - c’è anche chi lo
considerò un vitigno ungherese - ed è solo nel 1933 che il prof. Giovanni
Dalmasso, della scuola enologica di Conegliano, propose in un articolo sul Corriere
Vinicolo di chiamarlo Tocai friulano, anche se il suo primo
insediamento in Italia era stato nel territorio di Lison di Portogruaro.
Da
allora conobbe un continuo espandersi, tanto che a Udine per dire “prendiamo un
calice di Tocai” bastava dire “prendiamo
un tajut” (un calice), senza specificare il vino, tanto il vino bianco
per eccellenza era il Tocai, come lo era anche nelle province di Venezia e
Treviso (soprattutto in pianura).
Poi,
come si sa, a seguito di un accordo fra la Comunità Europea e l’Ungheria,
ratificato dal Consiglio europeo il 23 novembre 1993, relativo alla tutela e al
controllo reciproco delle denominazioni dei vini, iniziò un contenzioso che si
concluse definitivamente con una sentenza del 12 marzo 2007 nella quale il
Tribunale della Comunità Europea sancì di fatto il divieto del nome Tocai per i
vini italiani, riservandolo esclusivamente all’Ungheria per il proprio vino
storico.
E
cosa successe allora in Italia?
Il
Tocai era una DOC importante, abbondantemente prodotto in tutto il Friuli
Venezia Giulia, nel veneziano, nel trevigiano e, in purezza o in assemblaggio,
anche a Custoza (Verona), nei Colli Euganei (Padova), nelle Corti Benedettine
(Padova), a Merlara (Padova), a Breganze (Vicenza), nell’area del Garda
(Verona) e, in Lombardia, a San Martino della Battaglia (Brescia).
La
sentenza del 2007 obbligò l’Italia a cambiare il nome a questo vino e le
autorità, a volte in accordo coi produttori, decisero in modo forse
superficiale il nuovo nome ed ebbe inizio la
babele.
In
Friuli Venezia Giulia, dopo una prima valutazione della proposta del Presidente
emerito degli enologi italiani, Piero Pittaro che aveva suggerito di chiamarlo
Tai, T(oc)ai, in omaggio alla tradizione friulana prima ricordata, decisero di
adottare il nome “Friulano” (dimenticando che tutti i vini prodotti nelle
province di Udine e Pordenone sono vini “friulani”).
In
provincia di Venezia, dove era conosciuto come “Tocai di Lison”, i produttori del
mandamento di Portogruaro decisero di chiamarlo “Lison”. In tutto il Veneto
(quindi anche nel veneziano) fu deciso di chiamarlo “Tai” (compreso il Tocai Rosso dei Colli Berici che
è tutt’altro vino). A Custoza, Colli Euganei, Merlara, Breganze, area del
Garda, San Martino della Battaglia si conservarono i nomi precedenti.
Dunque,
un vino che nasce dalla medesima barbatella, è chiamato nel Nordest in diversi
modi, creando, come è possibile capire, un’inconcepibile confusione, con totale
impossibilità di una idonea promozione.
Ma
Tai perché? Se lo è chiesto anche il celebre imprenditore trevigiano Luciano
Benetton che ha scritto: “Tai è una frazione di Pieve di Cadore e un monte
della Cina. Ed è anche il principale gruppo etnico della Thailandia e un pesce
giapponese simile all’orata”. Ed è pure, aggiungiamo noi, il nome delle Linee
Aeree Tailandesi. E allora, cosa c’entra Tai?
Sono
stati più intelligenti i produttori del Carso Sloveno che hanno ribattezzato il
loro Tocai col nome del vitigno, quindi Sauvignonasse (si consulti internet).
E
come se non bastasse, da una barbatella che conserva il nome di “Tocai
friulano” abbiamo una vite che si chiama “Tocai friulano” e, fuori dal Friuli,
anche se erroneamente, “Tocai italico” e abbiamo, sempre dalla barbatella di
“Tocai friulano” i seguenti vini: Friulano, Lison, Tai, Custoza, Colli Euganei,
Merlara, Breganze, Garda, San Martino della Battaglia.
La
conclusione? Nel comprensorio Doc Piave, uno dei più vasti d’Italia, dove fino
a tutto il secolo scorso il Tocai era l’emblema dei vini bianchi locali (a
parte gli internazionali Chardonnay, Pinot, Sauvignon, ecc.), oggi si hanno
solo 10 vigneti piantati a Tocai Doc e anche questi corrono il pericolo
di scomparire a breve.
In
Friuli, per tentare di salvare questo vino, i vignaioli del comune di Corno di
Rosazzo (Udine) si sono riuniti, mettendo assieme i loro Tocai e dando al vino
così prodotto il nome di “Blanc di Cuar”, il “Bianco di Corno”, promuovendolo
con questo nome difficile da pronunciare fuori del Friuli, immaginarsi in
Europa!!! Ed è poi il vino di un solo comune ed è naturalmente un vino di
nicchia, buonissimo, certo, ma senza prospettive.
Purtroppo
il futuro di questo vino è tutt’altro che roseo, visto anche che il più
redditizio Prosecco può essere prodotto non solo nelle colline trevigiane, ma
ormai in tutto il Veneto Orientale e nel Friuli Venezia Giulia e piantare
Prosecco al posto del Tocai è diventato una moda inarrestabile.
(articolo scritto
per Il Sommelier, rivista ufficiale della FISAR)