Considerazioni su un volumetto di Guia Soncini
di Giampiero Rorato OdG - Venezia
(Le foto sono di cuochi poco conosciuti dalle televisioni)
Furio Pierangelini |
E, a ben guardare, certi cuochi “artisti” o “filosofi” come
amano definirsi, prediligono per l’appunto i piatti destrutturati, complessi, incomprensibili
al volgo; privilegiano la vista – lo spettacolo - piuttosto che il gusto (soddisfare il quale non
è poi difficile), i colori e la forma più che la sostanza e ambiscono ad apparire sui media da
smaliziati professionisti, permettendo, in qualche caso, che la loro lautamente pagata
immagine attraversi ogni strada d’Italia sui fianchi d’un furgone di patatine.
Fabrizia Meroi |
Questo è anche il risultato di trasmissioni come La prova
del cuoco che da anni va sovvertendo non tanto la tradizione, ma la gerarchia dei
valori gastronomici, ponendo l’apparenza al primo posto e la sostanza all’ultimo,
chiacchierando di apparenze e non di sostanze.
E Soncini ricorda che il celebre studioso francese Roland Barthes (1915-1980), già immaginava il cartello che sarebbe stato virtualmente apposto anni dopo alla porta dello studio tv dove si sarebbe svolta la citata prova del cuoco: “Il materiale alimentare utilizzato durante la trasmissione è da considerarsi elemento del processo produttivo e non idoneo al consumo”, come dire che a contare è l’apparire, non certo l’essere, come insegnano i “nuovi filosofi”, anche quelli della cucina, i quali, secondo Gilles Deleuze, hanno fondato il loro pensiero sul nulla.
Enrico Bartolini |
E Soncini ricorda che il celebre studioso francese Roland Barthes (1915-1980), già immaginava il cartello che sarebbe stato virtualmente apposto anni dopo alla porta dello studio tv dove si sarebbe svolta la citata prova del cuoco: “Il materiale alimentare utilizzato durante la trasmissione è da considerarsi elemento del processo produttivo e non idoneo al consumo”, come dire che a contare è l’apparire, non certo l’essere, come insegnano i “nuovi filosofi”, anche quelli della cucina, i quali, secondo Gilles Deleuze, hanno fondato il loro pensiero sul nulla.
Valeria Piccini |
ricconi d’oggi e molti cuochi “filosofi” come pure i cuochi “artisti” si sono posti immediatamente al servizio di questi attuali liberti della gastronomia e sulla loro voglia d’apparire s’arricchiscono e, se in buona giornata, distribuiscono centellinata la loro remunerata amicizia.
Con quel suo stile apparentemente irridente, ma molto serio,
Guia Soncini, riferendosi al cuoco più celebrato d’Italia che recentemente ha incantato
anche il Presidente francese François Hollande, ha scritto: “È un pomeriggio d’estate e
Massimo Bottura passa tra i tavoli. Non è molto diverso dallo stare dietro alle
transenne davanti a San Pietro quando il Papa fa il suo giro per baciare i bambini e benedire gli
infermi.
La clientela di uno stellato non è lì per mangiare bene, pagare molto e venire quindi
ringraziata: la clientela di uno stellato è lì come i fan di una rockstar, cui nessun
biglietto costoso fa scemare devozione, gratitudine e disponibilità ad aspettare fino a notte fonda
all’uscita dallo stadio per chiedere un selfie al proprio beniamino. Due anni dopo non sarebbe
così scontato trovare Bottura a Modena. Potrebbe essere in qualunque posto del mondo a
portare il verbo.
Graziano Prest |
Renzo Del Farra |
bollito-non bollito (o a decidere che è così che poi lo venderà a noi impressionabili: ero al Central Park, ho guardato l’orizzonte, ho pensato al bollito della mia Emilia); in Australia, a osservare perplesso concorrenti di Masterchef che tentano di conquistarlo preparando lasagne alla carbonare; a Milano, a occuparsi della mensa dei poveri, emanazione contenutista dell’Expo.”
Alberto Tonizzo |
Piacevolissima la graffiante scrittura dell’autrice di “Elementi di capitalismo amoroso” o, se di più il genere rosa shocking, “I mariti delle altre”, che pur ama e apprezza la cucina di Massimo Bottura, ma preferisce di gran lunga il cuoco al divo e ciò vale per molti altri cuochi che smaniano di apparire e vedono i propri fornelli quando capita, se ancora capita.
Di cuochi e cuoche ugualmente eccellenti in Italia ce ne
sono fortunatamente molti, che non ingombrano i monitor delle tv né pretendono chili di piombo
dalle tipografie di giornali e riviste. Sono cuoche e cuochi veri, uomini e donne di
cucina, che sanno esaltare al meglio la cucina italiana, non tradiscono la tradizione, conoscono e
scelgono con la massima cura la materia prima, la migliore reperibile sul mercato e la
trasformano in piatti di straordinaria bontà e modernità, capaci di attirare dal monde frotte di
buongustai, alimentando il turismo gastronomico e l’economia del nostro paese, salutando con
sincera disponibilità quanti
arrivano nei loro ristoranti e tutto ciò senza
spettacolarismi, senza grancasse televisive..
Qualche nome? Comincio con le donne, umili e grandi signore
della cucina italiana: Nadia Santini, Annie Feolde, Valeria Piccini, Luisa Valazza,
Giuliana Saragoni, Fabrizia Meroi e come loro ce ne sono molte altre lungo la penisola.
E poi
gli uomini: Aimo Moroni, Sergio Mei, Alfonso Iaccarino, Fulvio Pierangelini, Heinz Beck,
Philippe Leveillé, Paolo Teverini, Igles Corelli, Massimo Spigaroli, Massimiliano Alajmo,
Enrico Crippa, Enrico Cerea, Mauro Uliassi, Giancarlo Perbellini, Davide Bisetto, Ciccio
Sultano, Enrico Bartolini, Marco Bistarelli, Andrea Berton, Renzo Dal Farra, Alberto
Tonizzo, Graziano Prest, Sandro e Maurizio Serva, Nicola Portinari, Giorgio Vineis e ne
potrei aggiungere molti altri, giovani e meno giovani, tutti impegnati in cucina e capaci
di soddisfare appieno i propri.
Tutti costoro, infatti, faticano a lasciarsi riprendere da qualche telecamera, sono a casa loro, nella loro cucina, a servizio dei lori clienti. Sono rarissime le assenze, ma anche i cuochi possono qualche volta star male.
Igles Corelli |
Tutti costoro, infatti, faticano a lasciarsi riprendere da qualche telecamera, sono a casa loro, nella loro cucina, a servizio dei lori clienti. Sono rarissime le assenze, ma anche i cuochi possono qualche volta star male.
Sergio Mei |
È anche sapiente evoluzione, certo, piatti che resteranno nella storia non perché confinati nei libri di qualche firma prestigiosa ma perché ripetuti dai cuochi di domani e dopodomani, da godere nei ristoranti in Italia e all’estero, come i vecchi cari piatti della tradizione italiana, amati e ricercati dai gourmet di tutto il mondo.
Marco Bistarelli |
(Questo articolo è stato pubblicato nella rivista Quotidie Magazine nel novembre 2015)