lunedì 6 novembre 2017

Una conversazione con Gigi Valle

Due chiacchiere con il patriarca dei vini friulani
di Giampiero Rorato


L’incontro con Gigi Valle, il patriarca dei vignaioli friulani, oltre che pioniere e ambasciatore dei vini friulani nel mondo, inizia mentre riecheggiano nelle TV le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in una manifestazione a difesa delle vaccinazioni: Non possiamo accettare che nel XXI secolo acquistino credito credenze anti-scientifiche”.

Così è nei riguardi della salute, ma è ugualmente così anche nei riguardi del vino. Da quando, oltre quattro mila anni prima di Cristo, i vignaioli armeni realizzarono una cantina nella Grotta degli Uccelli, ancor oggi ben visibile e visitata, e fino ai nostri giorni, la scienza enologica di strada ne ha percorsa molta, sempre migliorando - attraverso prove e riprove, infiniti tentativi, piccole e grandi invenzioni di migliori tecniche produttive - sia la coltivazione della vite in campo che la produzione del vino in cantina e riproporre un vino come lo facevano i vignaioli armeni e georgiani della preistoria è al di fuori di ogni logica e di ogni buon senso, a meno che non lo si faccia per motivi di studio o per hobby.

Ora ho 90 anni, dice Gigi Valle, per andare al Cerletti di Conegliano ho dovuto attendere che terminasse la guerra. Sono quindi entrato nel 1945 e mi sono diplomato perito agrario nel 1950 e poi ho preso la specializzazione in enologia, sempre al Cerletti che è la più antica e rinomata scuola enologica italiana. Ho avuto come docenti, fra gli altri, due grandi celebrità, fra i più stimati scienziati dell’enologia del secolo scorso, Italo Cosmo e Luigi Manzoni, con i quali ho poi intrattenuto cordiali rapporti personali e diverse collaborazioni professionali. Poco dopo essere uscito da Conegliano, nel 1952 ho aperto uno studio di consulenza enologica in piazza Venerio a Udine, il primo in regione e ho fondato l’Enotecnica Friulana che è ancora attiva. Ho fin da subito collaborato con molte aziende e nel corso degli anni ’60, dopo aver conosciuto bene il nostro territorio e come i nostri vignaioli producevano il vino, ho preso in affitto una cantina a Buttrio e, qualche anno dopo, ho costruito la mia cantina, al n. 3 di via Nazionale, sempre a Buttrio e sono ancora qui con mia moglie Dina e i miei figli Paolo, Marco e Ilaria, tutti tre in azienda.”



Realizzata la grande cantina – probabilmente il primo edificio in Friuli Venezia Giulia eretto come cantina – ricco di conoscenze tecniche e di esperienza, Gigi Valle deve scegliere la sua linea produttiva.

“Credevo e credo nella tradizione viticola, nei nostri vitigni storici: il Tocai (oggi Friulano), la Ribolla Gialla, il Refosco dal peduncolo rosso, il Picolit, ma capivo che il mondo voleva anche i vini internazionali, Chardonnay, Sauvignon, Pinot grigio, Cabernet Sauvignon, Merlot. Dapprima ho preso in affitto delle campagne dove ho rinnovato le viti, poi ho acquistato una bella tenuta a Rosazzo, sotto l’antica casa-fortezza, eretta nel lontano passato a protezione dell’Abbazia e ho continuato a coltivare sia i vitigni tradizionali friulani che quelli internazionali.”

Questo per quanto riguarda le viti, nel rispetto della tradizione regionale, ma anche attento al mercato internazionale. E per il vino?

“Ecco – qui Gigi Valle si fa serio. – Quando ho iniziato a vinificare le mie uve non potevo tradire gli insegnamenti che avevo ricevuto da grandi studiosi, apprezzati e seguiti anche a livello internazionale, né potevo operare diversamente dalle consulenze che avevo dato all’imbottigliamento completato, senza che il vino sia in nessun momento a contatto dell’aria. 

Avevo dunque un obiettivo ben preciso: produrre, con l’ausilio di una adatta tecnologia, un vino buono e sano, ben caratterizzato dai propri profumi ed armi, immune da ogni impurità, compresi i lieviti morti, senza aggiungere prodotti strani e quindi non modificato in tutta la fase di fermentazione dei mosti e poi fino 
In giro c’erano allora tanti discorsi a proposito del vino-vino, del vino-naturale, del vino-ideale. In quegli anni a Conegliano c’era un grande docente e tecnico del vino, Tullio De Rosa, il quale affermava che il vino, per sua natura, diventa aceto se non interviene l’uomo con i mezzi offerti dalla tecnologia che in quegli anni si andava sviluppando, soprattutto in Germania, grazie anche a quanto avveniva nelle fabbriche di birra. 

La cantina della famiglia Valle


E chi non ricorda com’erano allora, all’inizio dei mesi caldi, i vini nelle nostre cantine di campagna? Erano ogni giorno sempre più acidi fin da  diventare perfetti per condire l’insalata. Scelsi dunque di affidarmi alla tecnica, scegliendo in particolare tutte le componenti della macchina per l’imbottigliamento, arricchendola da componenti da me pensati, totalmente innovativi.”

In quegli anni c’è stato il deciso ingresso di una seria tecnologia nelle cantine, per cui anche i vini del Friuli Venezia Giulia hanno iniziato a conquistare il mondo.

“Certamente sì e il merito va, oltre che ai vignaioli e agli enologi sempre più presenti nelle cantine, al generoso impegno di Isi Benini, all’intelligente lavoro promozionale del Ducato dei Vini Friulani, dei Consorzi di Tutela e di tante altre persone che, nei loro ambiti, hanno creduto e sostenuto il rinnovamento. Io, intanto, avevo capito una cosa. Che il vino vero è quello che esprime se stesso, i suoi profumi, i suoi aromi e lo si riconosce immediatamente. 

Non deve avere fondi morti che fanno solo male, per cui in questi casi il vino non può essere definito buono; non deve essere a contatto dell’aria in tutta la fase di imbottigliamento e le bottiglie devono essere accuratamente lavate, asciugate e sterilizzate. Così operando, quando si apre una bottiglia si vede il colore vero - naturale - del vino non offuscato da residui, se ne sente il profumo vero senza interventi estranei e un vino così prodotto dura a lungo rimanendo perfetto, regalando il suo fascino anche dopo molti anni.”

Paolo Valle con, alle spalle, Marco e Ilaria


I vini del Friuli Venezia Giulia, dei Colli Orientali, del Collio, dell’Isonzo, del Carso, di Aquileia, delle Grave e della pianura, nella seconda metà del secolo scorso raggiunsero vette qualitative di assoluto prestigio internazionale, tanto che i vini bianchi delle nostre colline erano considerati fra i migliori al mondo.

“È vero, poi, pian piano, anche se l’eccellenza è rimasta e ci sono nella nostra regione numerosi bravi vignaioli, la fama dei nostri vini è purtroppo diminuita, tanto che il Prosecco trevigiano ha superato i nostri vini per fama e per richiesta. E questo mi è dispiaciuto. Eppure molte aziende di altre regioni si rivolgono a noi, anche alla mia cantina, soprattutto per imbottigliare vini che poi vengono serviti in numerose compagnie aeree e questo la dice lunga sulla qualità del nostro lavoro.”

Un vigneto dell'azienda


Gigi Valle è personaggio di una forza straordinaria, vorrebbe che i vini prodotti in regione fossero in ogni enoteca del mondo, in ogni ristorante importante. E ha titolo per esprimere questo desiderio: Valle, infatti, risulta essere il vignaiolo friulano più premiato nell’ultimo mezzo secolo. Ha la tenacia, la pazienza e la volontà caratteristiche dei carnici – è nato a Tolmezzo, nella Trattoria Valle, condotta da sua madre - ha una splendida azienda i cui vini sono molto amati e richiesti anche da importanti enoteche e ristoranti di tutta Europa, d’America e d’Oriente, ha tre figli che seguoino con bravura le sue orme, ha costruito, al di là della sua azienda, una linea produttiva che ha contribuito in modo determinante a valorizzare al meglio promuovere splendidamente nel mondo i vini del Friuli Venezia Giulia.