giovedì 4 marzo 2021

Il Baccalà in agrodolce all’orientale


di Giampiero Rorato



La cucina veneziana è un patrimonio gastronomico di inestimabile valore, poco conosciuto dagli

stessi veneziani, mentre merita una ben maggiore valorizzazione e una più diffusa, seria e curata

presenza anche nelle trattorie turistiche (e non solo) che a Venezia sono numerose e un convincente

intervento sul tema da parte delle autorità locali sarebbe utile e importante.


E dire che nel gruppo di isole e isolotti sui quali è sorta la splendida città, come lamentava il doge

Ziani nel lontano medioevo e come ripete Carlo Goldoni (1707-1793) in una sua commedia, non

nasce nulla e si trovano solo, diceva Ziani, pesce e cappe (molluschi).


Goldoni, nella commedia “Chi la fa l’aspetta” del 1766, fa dire a un oste che risponde alle richieste

d’un curioso cliente: “La comandi, e no la dubita gnente. Semo a Venezia, sala! No ghe nasse

gnente, e ghe xe de tutto, e a tutte le ore, e in t’un batter d’occhio se trova tutto quel che se vol. La

comandi.”

La cucina veneziana non trova a Venezia quasi nulla di proprio, perché i prodotti locali sono

soltanto quelli offerti dalle acque della laguna, ma ha saputo costruire nel corso dei secoli una

cucina di una ricchezza e di una varietà tale da lasciar sbalorditi anche i più esigenti bongustai che

da secoli arrivano da ogni parte del mondo a scoprire le bellezze e le dolcezze della città di san

Marco.


Un esempio molto eloquente di quanto fin qui affermato ce lo dà il piatto di cui riporto la ricetta e

vediamo subito le sue caratteristiche principali.


Innanzi tutto il baccalà – così i Veneziani chiamano lo stoccafisso dal secondo decennio del 1600 -

e si presume che lo stoccafisso, che è merluzzo essiccato (perché di questo si tratta), conosciuto dal

nobile veneziano Piero Querini nel 1432, quando fu accolto naufrago nell’isola Røst, arcipelago

delle Lofoten, in Norvegia oltre il Circolo Polare Artico, sia arrivato a Venezia dopo il Concilio di

Trento (1545-1563), probabilmente attorno agli anni ’70 di quel medesimo secolo.

E se la preparazione venezianissima di questo pesce è il “baccalà mantecato”, di cui ho già scritto,

presente sulle tavole veneziane forse già entro la fine di quel medesimo secolo, nei decenni e nei

secoli immediatamente seguenti, i veneziani hanno elaborato diverse ricette con lo stoccafisso,

attingendo a piene mani a quanto di buono e di interessante veniva scaricato in Riva degli

Schiavoni dalle centinaia di navi che percorrevano il Mediterraneo e le cose orientali dell’Atlantico,

fino in Norvegia, fino all’equatore.


Ci sono poi nella ricetta tre ingredienti che possono lasciare perplesso il buongustaio: zucchero,

pinoli e uva passa. Sono ingredienti tipici della cucina araba, ma anche ebraica, ma anche più

genericamente del Vicino Oriente, ricordando che Costantinopoli, prima con gli imperatori

romani d’Oriente, poi, dal 1453, con i Sultani turchi, assommò in sé sia la tradizione romana che

quella araba elaborata dai califfi della dinastia Abbasside che regnò a Bagdad nell’ultimo quarto

del primo millennio.


C’è dunque un rapporto strettissimo tra Venezia e la cultura gastronomica sia di Costantinopoli che

di Bagdad che continua in diversi piatti dell’attuale cucina veneziana. Prepararli con serietà, anche

aggiornandoli con intelligenza, è un modo per continuare a mostrare al mondo cos’è stata la 

Repubblica di Venezia nei sui mille anni di storia e quando abbia contribuito a sviluppare e affinare

– oltre a tante altre cose – anche la cucina europea. Merito non da poco, che non va assolutamente

dimenticato.


La ricetta

Per 5-6 persone: 600 g di stoccafisso, olio extravergine di oliva, 2 spicchi d’aglio, 1 pugnettino di

prezzemolo, mezzo bicchiere di aceto, 2 cucchiai di zucchero, 30 g di pinoli, 50 g di uvetta

sultanina, farina, sale.


Prendi lo stoccafisso già battuto e mettilo a bagno per due-tre giorni cambiando l’acqua almeno tre

volte. Mettilo in una pentola con acqua fredda e portalo quasi a bollore, tenendolo per tre quarti

d’ora. Lascia che si raffreddi, mondalo con cura, taglialo in 4 pezzi quadrati, passali alla farina e

falli rosolare in un soffritto di olio extravergine d’oliva e un battuto d’aglio e prezzemolo. 

Fa rosolare i pezzi da ogni parte e irrorali con un liquido preparato portando a bollore in un tegamino

un bicchiere d’acqua, l’aceto, lo zucchero, i pinoli, l’uvetta fatta precedentemente rinvenire in acqua

tiepida e fa bollire per 5 minuti. Versa questo liquido sul baccalà e continua la cottura facendo

sobbollire con il coperchio per circa mezz’ora. Manda in tavola con polenta bianca caldissima.