giovedì 8 ottobre 2015

Le spezie: la scoperta dei costosi tesori del lontano Oriente

Appunti di storia della gastronomia

di Giampiero Rorato. OdG - Venezia
Articolo pubblicato nella rivista online Quotidie Magazine di settembre 2015





Le prime notizie

Per il Liber Coquinarum Bonarum, scritto da un anonimo medico d’Assisi nella prima metà del Quattrocento, riprendendo notizie e ricette de Liber de coquina dell’Anonimo trecentesco della corte angioina, uno dei primi trattati di arte gastronomica in Italia, le spezie sono “sostanze aromatiche esotiche”, adattate sia a impieghi alimentari che farmaceutici che cosmetici.



Molto interessante l’origine e il significato della parola “spezie”, e, facendo un passo indietro di almeno mille anni, il termine “species” si ritrova già in documenti della latinità, col significato dapprima di “oggetto”, per indicare poi qualsiasi “mercanzia”, e, in seguito, “mercanzia di pregio”, di provenienza lontana (esotica) e sembra che il primo a usare la parola “spezie” col significato appena riportato sia stato lo scrittore romano Macrobio, vissuto tra il 4° e 5° sec. d. C., autore, fra l’altro, de i Saturnalia, una ponderosa opera in sette libri, l'ultimo esempio del genere letterario simposiaco.



Se il termine spezie e, più precisamente species, come si diceva allora, inizia a emergere nel linguaggio molto tardi è pur vero che i Romani conoscevano benissimo questi “prodotti aromatici esotici”, dapprima col nome di odores, poi, più tardi, col nome di aròmata.

San Isidoro di Siviglia



Sant’Isidoro di Siviglia  (560-636), uno dei massimi esponenti della cultura altomedioevale europea, autore, fra le altre opere, delle Etymologiae, una straordinaria enciclopedia in 20 volumi, scrive, come riporta Enrico Carnevale Schianca in “La cucina medioevale”, che “ogni sostanza profumata proveniente dall’India, dall’Arabia o da altre lontane regioni, si chiama aroma, nome che deriva, da aër, aria, (perché è grazie all’aria che il profumo si diffonde), o, anche da ara, altare, (perché gli aromi si bruciano sugli altari in onore delle divinità)”.

In epoca romana si conoscevano numerosi tipi di spezie, poi, molte di queste, diventarono rare, comunque tutte si caratterizzavano per il loro costo molto elevato, dovuto al fatto che per reperirle i mercanti dovevano andare in luoghi lontanissimi e misteriosi e perché, prima di giungere all’acquirente finale, intercorrevano numerosi scambi e tutti dovevano guadagnarci.

Un quesito ha sempre interessato quanti si sono occupati di questo argomento: perché c’era, fin dai tempi più antichi, una grande  richiesta di spezie?

Maxime Rodinson (1915-2004), sociologo e islamista francese, proponendo una risposta,  in una relazione tenuta nel 1967 per l’Accademia Italiana della Cucina: “I mercanti erano favorevoli al commercio delle spezie perché le spezie avevano un forte valore, in piccolo volume. Ma se esse avevano un forte valore, ciò evidentemente derivava dalla grande richiesta”. 

E questa enorme richiesta esisteva già ai tempi dell’antica Roma, soprattutto in età imperiale, rivelando, come scrive Carnevale Scianca, “un gusto ormai consolidato, per soddisfare il quale i mercanti viaggiavano, i marinai perivano, i banchieri concedevano crediti, i contadini stessi si sforzavano di moltiplicare gli armenti


L’arrivo a Roma


Le terre conquistate da Alessandro Magno

Credo si debba risalire ad Alessandro Magno (356 a.C.-323 a.C.) per trovare le basi dell’interesse del mondo mediterraneo, in particolare greco e romano, per le spezie. Le sue spedizioni in Oriente ebbero molte influenze anche sui Paesi più evoluti bagnati dal Mar Mediterraneo e si deve riconoscere che l’Egitto, la Grecia e Roma, grazie al grande condottiero macedone, scoprirono l’Oriente e capirono che quelle terre possedevano un’avanzata civiltà e  un’interessante cultura.

Pepe


Lo studioso inglese J. Innes Miller, nel suo prezioso studio “Roma e la via delle spezie” (Einaudi, 1974), scrive che le spezie erano un ingrediente fondamentale della cucina romana, le droghe entravano nella medicina, i profumi nella toilette privata e nei culti pubblici. Cassia, pepe, garofano, loto, menta, senape, nardo, papavero, ruta, timo e cento altre qualità di vegetali esotici giungevano nella grande capitale dell'impero per lo più dall'Oriente. 


Taxila, in Pakistan


Facevano interminabili viaggi dall'Arabia, dalla Persia, dalla Cina, dall'India, per un groviglio di strade che attraversavano l'Asia continentale, punteggiate da metropoli e caravanserragli come Taxila, in Pakistan, probabilmente la città di Takasoma, citata da Tolomeo, risalente al IV millennio a.C.; Samarcanda, sulla via della seta, al centro delle principali rotte commerciali asiatiche, attualmente in Uzbekistan; Dura Europos, antica città della Mesopotamia; Petra,la stupenda capitale dei Nabatei, ora in Giordania. 


Petra, in Giordania


Oppure fluivano lungo le rotte marittime, tra la Malacca, l'India, il Mar Rosso e gli scali del Malabar, dell'Eritrea, del Madagascar, del Sinai. Le carovane dei cammelli attraversavano le montagne e i deserti, in una babele di razze, di lingue e di monete, mentre le piroghe filavano lungo i ritmi mutevoli dei venti oceanici.



In questo fortunato incontro di Roma con l’Oriente, dopo le influenze esercitate dalle conquiste di Alessandro Magno, un ruolo importante l’ebbe il generale romano Lucio Licinio Lucullo (117 a.C.-56 a.C.), famoso per le sue vittoriose campagne militari contro Mitridate re del Ponto e contro suo genero Tigrane d’Armenia. Amante del lusso e della buona cucina, conobbe e fece conoscere a Roma le specialità orientali, spezie comprese, tanto che Plutarco (45-120 d.C. scrittore, biografo e filosofo greco), parlando dei  pranzi di Lucullo, scrisse: “ Vi erano d'obbligo, come antipasti, frutti di mare, uccellini di nido con asparagi, pasticcio d'ostrica, scampi. Poi veniva il pranzo vero e proprio: petti di porchetta, pesce, anatra, lepre, pavoni di Samo, pernici di Frigia, morene di Gabes, storione di Rodi. E formaggi, e dolci, e vini.”


Lucullo



E non va dimenticato il geniale militare Gneo Pompeo Magno (106 a.C-48 a.C.), anche lui impegnato in Oriente contro Mitridate e poi ospite dell’Egitto, il quale, al pari di Lucullo, foce meglio conoscere ai Romani i tesori dell’Oriente, consolidando nei suoi concittadini il desiderio di portare a casa quanto di prezioso c’era in quelle terre, fossero alberi da frutto, prodotti alimentari e, naturalmente, odores, quelle spezie che in breve tempo invasero, come vedremo il prossimo mese, le mense del patriziato romano.


Zafferano