La parola a un produttore umbro
dott.ssa Irene Guidobaldi, produttrice a Trevi (PG)
Uliveti tra Trevi e Spoleto |
Molti sarebbero gli argomenti da
affrontare sul mondo dell’olio extra vergine di oliva: dal problema della
certezza sull’origine, al problema di far capire la vera alta qualità, al
problema del prezzo, al problema della poca attrazione da parte dei
ristoratori.
E se penso al fatto che la
stragrande maggioranza dei consumatori confonde, e quindi non sa l’enorme
differenza esistente tra olio di oliva (chimico) e olio extra vergine di oliva
(naturale), allora sarebbero necessari più di un articolo in merito!
Poter garantire al consumatore
l’origine dell’olio che acquista è uno dei doveri primari di ogni produttore.
Noi ci abbiamo da sempre creduto, non solo il nostro frantoio è aperto al
pubblico ed è realizzato in modo tale da far vedere in diretta ogni fase di
lavorazione, per vedere con i propri occhi il nostro lavoro e quindi valutare
con cognizione di causa il risultato, ossia il nostro olio. L’origine va
certificata anche da un ente esterno, da un garante serio e imparziale: per
questo abbiamo olio certificato Dop e per questo abbiamo aderito
volontariamente al sistema di rintracciabilità di filiera dell’Unaprol,
ottenendo la “Certificazione di rintracciabilità uni en iso 22005:08”, che certifica addirittura il
comune di provenienza delle olive utilizzate per produrre il nostro olio.
Il frantoio e il punto vendita dell'Olio Trevi Dop |
Certo, non sempre si ha la
possibilità di visitare e conoscere personalmente le realtà produttive. Di
fronte però agli scaffali di un supermercato o di un negozio della propria
città, perché non perdere un po’ di tempo a leggere con attenzione l’etichetta
di una bottiglia di olio? Perché oltre a limitarsi superficialmente alla
scritta “olio extra vergine di oliva”, non si verifica che ci sia scritto anche
“estratto a freddo in Italia da olive coltivate in Italia”? Se così si facesse,
ci si potrebbe accorgere che la maggior parte delle bottiglie di olio extra
vergine di oliva riportano la dicitura “olio comunitario” o “miscela di oli
comunitari e extra comunitari”, o addirittura sono prive di alcuna indicazione
circa la provenienza dell’olio e delle olive.
Ulivi e vigneti intorno a Trevi |
Con questo non si vuole affatto
dire che negli altri Stati non si producono oli di qualità: la mentalità sta
cambiando (e per fortuna) anche al di fuori dai confini italiani. Di certo
l’olio comunitario, prodotto in Spagna, in Grecia, in Portogallo o quello
proveniente dai Paesi del Nord Africa, ha costi inferiori rispetto all’olio
italiano, ma non a tal punto da giustificare gli attuali prezzi propagandati in
molti supermercati.
Che olio c’è in quelle bottiglie?
Non lo so, so solo che gli organi di vigilanza alimentare sequestrano continuamente
grosse quantità di oli non rispondenti alle normative stabilite dalla legge.
I costi della manodopera, costi
di conduzione di un’azienda olivicola, costi di trasformazione, costi di
imballaggio… in Italia sono ahinoi molto più elevati rispetto all’estero, benché
insieme ad essi anche i controlli soprattutto igienico sanitari siano molto più
stringenti rispetto ad altri Paesi… un olio 100% italiano non può costare meno
di 6-7 euro/litro.
Non si sta qui a “boicottare” a
priori oli stranieri, il consumatore è libero di scegliere, di comprare olio
spagnolo o tunisino, ma è di fondamentale importanza esser in grado di saperne
la reale provenienza; e nessuno ha diritto di “fare i conti in tasca” al
consumatore, ma è importante che lo stesso non pensi che un olio a 3,00 euro al
litro possa esser uguale a un vero olio evo italiano prodotto da olive italiane
e con i criteri dell’alta qualità.
Se è vero che non sempre il
prezzo elevato possa essere indice esclusivo e assoluto dell’alta qualità,
viceversa un prezzo troppo basso è sempre e sicuramente indice di irregolarità
Un vecchissimo ulivo |
Ovvio è che da produttrice di
olio evo in Italia, in particolare a Trevi, in Umbria, da ben 8 generazioni,
non posso non decantare la mia terra, la mia produzione. Ma in tutta Italia
abbiamo oli meravigliosi, frutto del lavoro onesto di produttori che hanno
puntato sulla qualità e non sulla quantità di prodotto.
Ci sono più di 500
cultivar (ossia tipi di olive) nel nostro territorio nazionale, un patrimonio
unico al mondo! Ogni regione del Bel Paese produce oli con proprie diverse
caratteristiche, dall’olio ligure da olive taggiasche con un fruttato delicato,
all’olio umbro da olive moraiolo dal fruttato intenso, all’olio pugliese da
olive coratina dall’inconfondibile fruttato amaro. Se ben prodotti, non ci sono
oli migliori o peggiori, ma oli diversi e questa è la nostra ricchezza, la
nostra peculiarità. Altro che concorrenza tra i diversi oli italiani, c’è
piuttosto complementarietà e qui sta la nostra forza. Questa è anche una
fortuna perché il consumatore ha la possibilità di scegliere “il proprio” olio,
quello che preferisce, in base ai propri gusti e gli chef hanno la possibilità
di abbinare a diversi cibi i diversi oli.
Veduta della città di Trevi |
Già, chef! Questo è un altro dei
punti dolenti relativi all’olio extra vergine di oliva. Ho sempre pensato che i
ristoranti siano un importante volano per la diffusione della cultura e
dell’apprezzamento dell’olio extra vergine di oliva… purtroppo però ancora
troppo spesso per gli chef l’olio è solo un costo. Eppure che senso ha servire
ad esempio la migliore carne del mondo, se poi la si condisce con un olio
rancido oppure “sbagliato”, che non esalta cioè il sapore della pietanza,
ungendola semplicemente o sovrastandola con un olio troppo intenso. È
impensabile che si trovino veri e propri tomi di carte dei vini, carte delle
birre, persino carte delle acque, e al tempo stesso un solo olio in tavola,
spesso rabboccato, se non privo di etichetta! Ovvio che non si può fare un
paragone con il vino, il vino viene venduto e quindi rappresenta un guadagno
per il ristorante, l’olio no. E vorrei sapere quanti clienti, che senza alcun
timore si “permettono” giustamente di rifiutare una bottiglia di vino che sa di
tappo, farebbero lo stesso nel caso in
cui venga messo in tavola un olio rancido o non a norma… questo perché l’olio
non è “acquistato” come il vino. Un cane che si morde la coda: il ristoratore
non vende, quindi non guadagna, l’olio e il cliente non compra, quindi quasi
non si sente legittimato a contestare un olio fallato.
La nuova legge sull’obbligo di
somministrare olio extra vergine di oliva in confezioni a norma con
l’etichettatura e dotate di tappo inviolabile e antirabbocco un po’ sta
aiutando i produttori di olio, ma è un aiuto molto limitato.
Devo dire però che l’attenzione
da parte dei ristoratori sull’olio sta crescendo: la nostra azienda fornisce
sempre più ristoranti, non solo “stellati” e questo mi rincuora e mi fa ben
sperare.
Un ultimo accenno sulla presente campagna
olearia: i nostri uliveti si presentano sani, è da escludere ogni minimo
attacco di mosca olearia, che tanto ha afflitto la produzione dello scorso
anno, non salvando nessuno, dalla Sicilia al Trentino. La qualità è quindi
ottima e la quantità soddisfacente.
Come tutti gli anni daremo sempre
il massimo per produrre un ottimo olio!
* Socia e Direttore Commerciale
Società Agricola Trevi “Il Frantoio”
Via Fosso
Rio - Loc. Torre Matigge –
06039 TREVI (PG)